Category Archives: Storie di viaggio

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La buena onda perpetua

Amici!!!

Volevamo giusto dirvi che il viaggio sta andando alla grande e dopo il primo periodo di ‘ansia da prestazione e da organizzazione‘, il secondo periodo ‘fa troppo freddo e ci manca casa‘ siamo giunti alla terza fase: ‘la buena onda perpetua’.

In questa fase abbiamo scoperto con piacere che la soluzione fratelli in viaggio fa simpatia, che la gente ci vuole bene e si diverte assistendo ai nostri battibecchi e che insieme ci potenziamo e attiriamo persone simpatiche e pazzoidi. Continue reading

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81 razones por luchar, quando il sovraffollamento uccide

A Santiago siamo ospiti di Penelope, che da oltre vent’anni fa teatro sociale nelle carceri. Proprio dietro casa sua c’è la prigione di San Miguel, tristemente nota per un incendio che si propagò all’alba dell’8 dicembre del 2010, provocando la morte di 81 detenuti. La più grave tragedia carceraria del Cile, il paese con il più alto rapporto tra abitanti e detenuti dell’America Latina.

Noi, questa storia l’abbiamo scoperta domenica, quando siamo andati con lei ad una marcia che si svolge l’otto di ogni mese per ricordare le vittime di questo incendio e chiedere giustizia. Continue reading

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L’inizio dell’avventura cilena

Il viaggio intensifica il tempo. In fretta cambiano i paesaggi, il clima, i tratti somatici delle persone che ti circondano, le loro abitudini, il loro modo di parlare… E tu come una spugna assorbi tutto, cerchi di adattarti e di imparare il più possibile.

Siamo in Cile ormai da due settimane, ma ci sembra almeno un mese.

Prima di partire, non c’era molto entusiasmo per questa tappa. In parte perchè l’unico commento che gli argentini ci facevano quando comunicavamo che lì eravamo diretti era sul terribile freddo ‘eh sì perchè c’è il Pacifico, non sono mica protetti dalle montagne, loro!’. Come se non bastasse, durante gli ultimi giorni a Neuquen non si parlava d’altro che di una fantomatica onda di freddo polare che avrebbe colpito il Cile. Per il resto, pensavamo che non avremmo trovato nulla di particolarmente diverso dall’Argentina. L’avremmo fatto in frettissima, se non fosse che avevamo trovato un progetto di biocostruzioni che ci ispirava molto e perchè avevamo dei contatti interessanti a Tirua e a Concepcion.

10352589_230283713847151_7428872065743453229_nLa prima differenza con l’Argentina la incontriamo subito dopo aver varcato la frontiera. Sono degli strani alberi, che sembrano delle vie di mezzo tra pini e palme. Alberi di araucaria, scopriremo successivamente, che danno il nome alla regione intorno a Temuco, cuore della terra dei mapuche. Per il resto, il paesaggio rispetto all’Argentina ci sembra più toccato da un’impronta umana: case, piccoli campi, alberi…

Temuco è stato per noi luogo di passaggio, che ricorderemo per la sua rara bruttezza e come il posto dove abbiamo scoperto l’intercalare tipico del Cile, lo ya, ripetuto circa ogni due parole.

10295220_10154163769205468_4221540536267032328_oDopo una notte in un ostello molto kitsch e un giorno in un freddisismo bar a Temuco, siamo andati a Pucon, per  un workaway, a costruire la casa di due inglesi, Lucy e Gego, con terra, argilla e calce. Ci siamo uniti ad una truppa di volontari da tutto il mondo con cui abbiamo condiviso fatica, cibo, vino, pisco, chiacchiere, rilassamento alle terme e un’ultima notte memorabile. La serata è iniziata con lasagne e tiramisù cucinati dai Bertan Bros, poi gioco alcolico proposto da una ragazza del Minnesota, poi uscita alla ricerca di un posto dove ballare, occupazione di un bar, cacciata dal bar a seguito della rovinosa caduta di una francese e di plurimi bicchieri da un tavolo, e ritorno all’ostello. Fine serata ballando cumbia con i reduci.

Il giorno dopo alle 10, ancora un po’ in difficoltà, abbiamo ripreso la strada. Destinazione: territorio mapuche di Temucuicui, 200mila DSC_0109ettari recuperati a un’impresa forestale svizzera, dove vivono circa 100 famiglie. Il nostro contatto è Jaime che incontriamo a Collipulli, dove si trova perchè lì sono detenuti alcuni mapuche, peñi, della sua comunità. Dovrebbe esserci una marcia, ma sono passati i carabinieri, los pacos, a disperdere il concentramento. Ci spostiamo a Ercilla, dove aspettiamo un passaggio per Temicucui e incontriamo il padre di un arrestato. Ci racconta che i pacos sono arrivati il giorno prima fin di fronte a casa sua e hanno investito il figlio con la camionetta, per poi arrestarlo.

Questa è la quotidianità per i mapuche della zona, ci spiega Jaime poco dopo a casa sua, mentre ci fa vedere foto di camionette, elicotteri, bossoli e carri armati (!) scattate con il cellulare nelle ultime settimane. Tutti sono stati arrestati qui, chi per qualche giorno, chi per qualche anno. Ci parla dei processi per terrorismo e dei testimoni protetti, spesso pagati dalle imprese in conflitto con i mapuche. La loro identità è protetta e spesso accusano i mapuche di cose assurde. Ce n’è uno che è accusato di aver appiccato 4 incendi in 4 posti a ore di distanza in una sola notte. E il testimone avrebbe assistito a tutti gli incendi. Ci racconta di questa lotta mentre siamo nella piccola casa che ha costruito per la sua famiglia un anno prima, che sembra stare in mezzo ad un mare di stelle.

Ci fermeremo una notte e un giorno con loro, cucinando porotos con DSC_0120tallarines (pasta e fagioli, fondamentalmente) con Griselda, aiutando gli uomini a costruire lo steccato intorno al territorio dove presto sorgerà la casa della famiglia del fratello di Jaime e imparando parole in mapudungun con i suoi figli.

Ripartiamo commossi dalla forza e dall’ospitalità di queste persone, che in definitiva vogliono solo poter vivere della loro terra. Pucon ci sembra già un lontano ricordo. Si torna a Temuco, in una pensione per riprendere le forze e dove, invece, prenderemo le pulci. Sì le pulci. Sembra. Pare che in Cile siano un must. Pensavamo fosse stata una cosa di una notte tra noi e loro, ma visto che il prurito non passa, credo che faremo un giro in farmacia per capire come liberarcene, nel caso in cui abbiano deciso di unirsi al nostro viaggio…

IMG_0398Dopo Temuco, Tirua, villaggio di pescatori e mapuche sul Pacifico. Il nostro contatto è Carlos, un gesuita. Che vive in una comunità mapuche dove c’è una cooperativa. Di nuovo, basse aspettative e pure qualche pregiudizio: ‘avranno mica indottrinato i mapuche, ‘sti gesuiti?’ Ancora una volta, ci dobbiamo ricredere.

Carlos ci accoglie raccontandoci della storia dei gesuiti a Tirua, che arrivano con sincero interesse nei confronti del popolo mapuche, con cui collaborano ma stando alle loro regole e senza pretese di proselitismo. Tant`è che il gesuita che era a Tirua prima di Carlos si è spretato per vivere a pieno la lotta mapuche ed è appena stato arrestato. Con questo spirito nasce 10 anni fa l’associazione indigena Relmu Witral, in cui 120 socie hanno ripresoIMG_0304 la tradizionale tessitura a telaio, con lana locale, tecniche di tintura e motivi tradizionali. Andiamo anche a casa di una di loro, Roxana, che mi fa provare a tessere. E già m’immagino, con un piccolo telaio nella mia fricchettonissima casa immaginaria, al ritorno a Torino… Ma tornando alla realtà, le socie ogni mese vendono i manufatti all’associazione, che li commercializza. Un progetto figherrimo.

Per quanto riguarda il lato IMG_0422ospitalità, a questo pensa Veronica, che gestisce una trattoria/pensione, la suerte de la olla, dove passiamo due notti e dove veniamo coccolati e nutriti di delizie, come se non ci fosse un domani. Il figlio della Vero, Robinson, DJ comunista, sarà compagno di
passeggiate, chiacchiere, bevute e di maratone notturne di Dragon Ball. Ci insegnerà anche qualche cilensimo, ce ne ricordiamo solo uno, weòn che significa amico, ma anche cretino, a seconda del contesto. Dopo aver cucinato empanadas de carne con Veronica e partecipato al matinal di Radio Dulce Mar, partiamo anche da Tirua, ancora una volta toccati dall’ospitalità locale.

Quattro ore di bus ci separano da Concepcion, dove ci accoglie il diluvio universale. Con qualche difficoltà e bagnati fradici raggiungiamo Oscar, il nostro ospite, che lavora in un’università per lavoratori. Anche qui c’entrano i gesuiti… Con Oscar ci si apre un mondo di nuovi cilenismi: il ¿cachai? che vuol dire tipo ‘capito?’, anche lui ripetutissimo e il pu come finale. Si diventa sipu e no diventa nopu. Passiamo tre giorni con lui e con la sua famiglia, che ancora una volta si fa carico di questi due italiani in trasferta nutrendoci, IMG_0476accompagnandoci in giro e raccontandoci. A Conce scopriamo la cueca, che Oscar suona e balla, insieme ad un simpatico gruppo di amici, con cui passiamo un movimentato giovedì notte. Rimaniamo affascinati da Boca Sur, dove vive Oscar, quartiere che pare che sia uno dei più pericolosi del Cile, dove sono nati movimenti per la sanità pubblica, lo smaltimento dei rifiuti e contro la privatizzazione della strada, ci racconta Roxana. Il Compagno Vera, marxista, invece ci racconterà del sindacato dei lavoratori disoccupati, nato anche lui in queste strade e diventato nazionale, che nel 2004 ha ottenuto che il governo cancellasse il debito per le case popolari di coloro che non erano riusciti a saldarlo.

Molte di queste lotte sono collegate con il Partido de Los Trabajadores, di cui Oscar fa parte. Si tratta di un partito che in realtà è un movimento rivoluzionario, che non partecipa alle elezioni, ma per ora si prepara e lotta da fuori. Perchè il cambiamento che vogliono non può che passare per una rivoluzione. Nonostante una chiara impronta di sinistra nelle proprie rivendicazioni, non si definiscono nè di destra nè di sinistra, comprensibilimente, visto che la ‘sinistra’ che governa il paese è più neoliberista di Pinochet. È tutto così strano e così sensato. Ovviamente non ci facciamo mancare una visita ad una radio comunitaria. Radio Espontanea de la Costa, di cui ci parla la scoppiettante Maria, mapuche anche lei. Ci dicono che di recente hanno incontrato un giornalista uruguayano, esperto di movimenti. E scopriamo quindi di avere un amico in comune!

Ora siamo a Santiago, per un altro workaway, nella casa di Penelope, che è anche un collettivo di teatro sociale e di permacultura, dove passeremo una settimana aiutando nell’orto, riprendendo le forze, riordinando le idee, organizzando le prossime tappe e scrivendo…

Parentesi freddo: non fa certo caldo, ma non più freddo che a Neuquen o a Esquel… La differenza principale è che in Cile non c’è gas, quindi si riscaldano meno le case rispetto all’Argentina e in alcuni casi non c’è acqua calda. Questo bisogno di nord, che dovrebbe significare fine dell’inverno ci ha portati ad un altro cambio di itinerario: dopo Santiago, Valparaiso, deserto di Atacama e poi… Bolivia!!!

E poi si vedrà…

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Il nostro incontro con Pillan Mahuiza

Dopo Puerto Madryn, il nostro viaggio è continuato verso Ovest, con una tappa a Esquel, piccola città ai piedi della cordigliera, tappezzata di scritte NO A LA MINA, che si trovano ad ogni angolo di strada, oltre che sul monte che sovrasta la città. NO A LA MINA è un movimento che ha coinvolto la cittadinanza, gruppi ambientalist e Mapuche in opposizione alla costruzione di una mega minerà a cielo aperto, di proprietà di un’impresa canadese, che avrebbe contaminato il territorio e le acque della zona.

Nel 2003 questa battaglia è stata vinta: nonostante vari tentativi di corruzione e la presentazione del progetto come portatore di posti di lavoro e sviluppo per la regione, la popolazione si è espressa in un referendum dicendo no alla costruzione della miniera. Ma visto che l’oro resta lì, la minaccia è sempre in agguato, per questo il movimento esiste ancora. Inutile dire che questa storia ci ha ricordato molto quella della Val di Susa, referendum a parte.

Dopo una notte a casa di un simpaticissimo couchsurfer colombiano, abbiamo preso un pullman per andare in questa comunità Mapuche, di cui sapevamo molto poco. Sapevamo che era in un posto abbastanza isolato e che saremmo stati accolti da un tale Mauro, un Mapuche che era stato attivo in una radio comunitaria. Non sapevamo che aspettarci e certo non immaginavamo che ci saremmo trovati di fronte con uno dei protagonisti della lotta Mapuche in Argentina.

Scendiamo dal pullam tre ore dopo, diciamo il posto all’autista, che ci lascia in una curva, in mezzo al nulla, a qualche chilometro da Corcovado. La fermata si chiamava puente qualcosa, ma non c’è nessun ponte e nessun Mauro ad aspettarci. Strada sterrata, costeggiata da bosco, in effetti un fiume un po’ più sotto. Camminiamo alla ricerca del ponte e poco dopo appare una macchina polverosa, da cui scende un uomo sulla quarantina, occhi neri, in jeans e maglia del movimento zapatista. Mauro, che si scusa per il ritardo. Sollevati, carichiamo la macchina e ci dirigiamo verso il territorio recuperato di Pillan Mahuiza, che sorge nel mezzo di una valle, con macchie verdi, di pini e gialle e rosse di colori autunnali e delle cime innevate in lontananza, al confine col Cile. La macchina si ferma di fronte ad una casa, Mauro ci spiega che in passato era una stazione di polizia, ma che è stata recuperata dalla sua famiglia 14 anni fa. Ora ci vive lui, insieme a Colipi, un giovane di origine cilena, che incontra un po’ di più le nostre fantasie: è vestito con abiti tradizionali e ha una lunga treccia nera.

Mangiando, Mauro ci accenna che nel pomeriggio lo possiamo accompagnare ad un’assemblea a Corcovado, dove il governo ha invitato tutte le comunità Mapuche presenti nella regione del Chubut. Ci dice che si parlerà delle politiche estrattiviste del governo e del fracking. Mauro ci spiega che l’educazione politica dei Mapuche è spesso molto scarsa e che cercherà di fare un intervento che smascheri le politiche statali. Nel frattempo ci raggiungono altre persone, tra cui due antropologhe, per assistere all’assemblea.

L’incontro durerà due giorni. Il primo di discussione tra le diverse comunità, il secondo per esporre le conclusioni con il governatore. Due giorni in cui emerge chiaramente, anche ai nostri occhi totalmente vergini, che il governo non ha invitato i Mapuche per discutere con loro, ma piuttosto per manipolarli, per poter dire di averli coinvolti. La prima assemblea è condotta da una funzionaria statale, Mapuche. Davanti una decina di lonkos, capi comunità, di fronte la platea. Mauro ci farà notare che i lonkos chiamati a parlare non sono quelli con cui normalmente si rapporta nei parlamenti Mapuche, autoconvocati e indipendenti. Non è chiaro l’obiettivo dell’assemblea, si parla di rilevazioni, ovvero della possibilità dei territori di essere mappati da un punto di vista geografico e storico. Alcune comunità lamentano mancanza di acqua, infrastrutture, lavoro, alcuni chiedono politiche pubbliche a favore dei loro territori, altri evidenziano la mancanza di unione nel popolo Mapuche, altri lamentano una mancanza di unione tra le diverse comunità.

Mauro fa un intervento in cui parla chiaramente dell’intento del governo di convincere le comunità ad accettare lo sfruttamento minerario. L’unico intervento che riceverà degli applausi. La sera a Pillan Mahuiza si discute con toni molto critici dell’assemblea, della manipolazione da parte della funzionaria del governo. Viene deciso di fare un comunicato, da far firmare ai presenti e da leggere il giorno dopo di fronte al governatore per affermare la propria autonomia e la volontà di interagire con il governo tramite le proprie istituzioni e processi decisionali e per ribadire la propria opposizione allo sfruttamento minerario e all’uso del fracking.

Il giorno dopo il documento viene redatto e fatto passare tra le comunità. ma il livello di farsa dell’incontro aumenta. Siamo in un una palestra, il tutto inizia con l’inno nazionale argentino, seguono interventi che acclamano le politiche governative e poi il governatore fa il proprio discorso. Alla fine del discorso, Colipi, che non è stato ovviamente inserito nella scaletta, tenta di avvicinarsi e leggere il comunicato, ma il governatore abbandona la stanza senza neanche girarsi.

Ritorno a casa, altre discussioni, chiacchiere con altri componenti della famiglia Millan, tra cui Mariella e Moira, di cui vi parleremo presto.

Qui trovate un po’ di foto!

A2REAC

Hitches and glitches

Subtitle: Cuba, here we come!

If PTA was our faithful companion before we left, this first leg of our trip has been dotted with hitches. Not too many, to be honest, but pretty major ones.

Lack of organization, on the other hand, is another good friend of ours, and is getting on quite well with Laziness and Procrastination. Lack of organization sticks with you all day long, so that by the end of the day you’re tired, weary, and wondering what the heck you have accomplished. The answer isn’t nothing – it’s less. Less than what we could have done if we’d had a plan, for example. Let’s say that we’ve become pretty familiar with this feeling during these first few days in Buenos Aires. Continue reading