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La Nave, Cenerentola, Jovanotti e la spirale del tempo

Qualche giorno fa mi trovavo intorno ad un tavolo con Matteo Seno e quelli della Prima Minga. Parlavamo della rappresentazione del tempo. Siamo partiti che per me  la migliore era il cerchio e per Matteo la linea e alla fine ci siamo trovati sulla spirale, che poi guarda caso è pure il simbolo della Permacultura. E’ stata una bella chiacchierata in una bella giornata.

Ora credo di aver trovato un esempio interessante di come la spirale descriva meglio lo scorrere del tempo rispetto alla linea a cui siamo abituati e lo vorrei condividere con voi.

La prendo alla lontana, ma ci arriviamo, promesso.

Stamattina mi hanno svegliata Shira e Johnny, me li sono ritrovati entrambi alle sei sul nuovo letto di pallett. Dopo mezz’ora di coccole sotto lo sguardo truce di Ecuador, che disapprova il mio rapporto con i cani, ci siamo alzati (io, i cani e il gatto) ed è iniziata la mia giornata. Ho fatto molte pulizie, mentre gli altri piano piano si svegliavano. Dopo aver innaffiato l’orto, già che mi trovavo con la gomma in mano ho lavato la macchina, poi ho fatto un paio di lavatrici, ho piegato le cose e le ho messe nell’armadio in camera dei miei, dove, già che c’ero ho rifatto il letto e non elencherò tutto il resto perché ho pietà di voi. Nel frattempo pensavo. Prima di tutto mi stupivano alcune cose, tra cui il fatto che non era male dedicarsi a lavori pratici, direi che è quasi terapeutico. E non capivo come mai mi era sempre pesato così tanto. E mi veniva in mente metti la cera-togli la cera di Karate Kid. Che poi ho rivisto un paio di volte su qualche pullman tipo in Colombia.

Di fatto, la meditazione può passare anche per un atto ripetuto come dipingere, pulire o lavare un’auto. Eppure a me tutte queste cose pesavano da morire, una volta. E, mentre pulivo, osservavo il modo in cui si facevano le cose a casa mia. C’era un alone di noncuranza, un’abitudine a non vedere le cose, ma a concentrarsi solo su quello che si aveva deciso di fare, anche se sarebbe stato molto facile fare un pezzettino in più. Quel pezzettino che quando  lo facevamo poi ci sentivamo meglio perché era tutto finalmente a posto. Continue reading

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Colombia mon amour

È notte, siamo a Cartagena e domani mattina lasceremo la Colombia per l’ultima tappa, Cancun, Messico.

Dopo questi tre mesi, a dir poco intensi, ce ne andiamo con profonda gratitudine e un pizzico di malinconia. Non c’è dubbio che ci mancherà questa Colombia, che ci ha accolti come nessun altro luogo e che è stata scenario di un momento importantissimo di apprendimento, crescita, in cui abbiamo messo delle solide basi per quello che succederà al ritorno.

Siamo stati conquistati dai suoi abitanti che hanno smentito l’immagine riduttiva e distorta che ne danno i media, di un paese insicuro caratterizzato da guerriglia, rapimenti e traffico di droga. Ebbene, è un fatto che la guerra civile sia parte della realtà di questo paese da cinquant’anni, come è un fatto che quello colombiano, nonostante questo, sia uno dei popoli più genuini, aperti e gentili che abbiamo incontrato.

La Colombia è la casa che tutti vorrebbero avere, dove quando chiedi un’indicazione, due volte su tre le persone non si limitano a darti una spiegazione, ma ti accompagnano direttamente, e magari, come è successo a Marco a Bogotà, alla fine ti offrono pure una birra. È un posto in cui mentre cammini di notte alla ricerca di un ostello puoi essere chiamato da due ragazzi in un bar per offrirti l’ultima salchipapa invenduta prima della chiusura e mentre mangi chiacchierando ti ritrovi con un invito a dormire a casa loro. È un posto dove affitti una stanza per cinque giorni e ti ritrovi accolta da una splendida coppia di pittori, che poi t’invita nella sua casa in un paradiso naturale a San Rafael. Continue reading

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Un anno. E un cerchio che si chiude…

Sono due giorni che ci sto provando. È passato un anno, ho un sacco di progetti per il ritorno, devo scrivere! Devo comunicarlo!

Succede, però che si tratta di comunicare un cambiamento profondo, fatto di tanti piccoli momenti, che è direttamente collegato con il cosa fare al ritorno. Succede che la mia vita si è trasformata in una successione di incontri bellissimi e determinanti, di rivelazioni, di coincidenze. Tante cose che mi fanno sentire come se l’universo stia complottando al mio fianco. Sono tante cose e ho un po’ paura di non riuscire a farvele sentire tutte.

Ma adesso ci proviamo.

Oggi è un anno che siamo in questo continente, alla ricerca di risposte e ispirazioni.

Il sette marzo 2014 sbarcavano a Buenos Aires due fratelli. Irene, la pianificatrice, che aveva fatto un bel po’ di rumore intorno al suo progetto, felice della scelta compiuta, ma altrettanto preoccupata di non deludere, di tener fede agli impegni presi, il blog, le interviste, i contatti… Lo spagnolo che parlucchiava, ma che ancora non padroneggiava, i tanti alleati che l’aiutavano da lontano e da vicino. E Marco, il fratellino sognatore e un po’ sconclusionato, presente, ma allo stesso tempo nel suo mondo.

Eccoci qua, così giovani e così diversi! Ricordo il primo periodo come un bombardamento di informazioni, contatti, interviste… Il movimento delle imprese recuperate, l’intervista ad Andrés Ruggeri, ad Ernesto del Chilavert, a Pablo Guerra, a Ricardo Orzi, alla potentissima Anna del Valle, tra le mura del Bauen… I primi incontri con viaggiatori, il supporto a distanza di Marco che mi passava i contatti da Bogotà. Un altro Marco che ci aiutava dall’Italia condividendo i nostri articoli su comune-info… L’Uruguay e Cabo Polonio e la discesa al Sud in Patagonia e nella comunità Mapuche di Mauro Millan. Le radio comunitarie… Neuquen e i mille asados con Carlos e Alicia, e poi il Cile. Registrare, scrivere, fotografare, montare video… Sono stati mesi intensi e un po’ difficili i primi, mi mancavano gli amici, una dimensione mia e allo stesso tempo si ricostruiva il rapporto con Marco, conflittuale a volte, perché il progetto era più mio che suo e c’era sempre da tirarlo dentro. Piano piano le cose sono cambiate e da osservatori e ascoltatori di esperienze di altri ci siamo trasformati in attori protagonisti del viaggio e delle nostre vite. Abbiamo iniziato a godere con più rilassatezza dei paesaggi, degli incontri, abbiamo incontrato compagni di viaggio, Tomas, Majo, Maxi e molti altri. Abbiamo smesso di pianificare. E la vita ci ha regalato grandi insegnamenti.

Alcuni di questi, alla rinfusa, li vorrei condividere con voi che avete accompagnato questo lungo percorso. Continue reading

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Permacultura e teatro sociale a Santiago

Facciamo qualche passo indietro, nel tempo e nello spazio…  In Cile, a Santiago, abbiamo avuto la nostra terza esperienza di Workaway e abbiamo conosciuto il Colectivo Sustento che si occupa di giustizia e inclusione sociale.

Lo strumento principale è il teatro, lavorando nelle carceri e teatro sustentocostruendo spettacoli insieme ai detenuti. Penelope, nostra ospite e anima del collettivo, ci spiega che il teatro è un mezzo molto potente per scatenare riflessioni e fare sì che i detenuti ritornino a sentirsi persone, protagonisti, creatori in una dinamica collettiva di messaggi destinati a chi sta fuori.

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