All posts by admin

IMG_0010

Negli scatoloni

Lo ammetto, a tre mesi dal ritorno sono ancora alle prese con gli scatoloni. E la mia stanza sembra Beirut. Ieri sono andata un po’ avanti e ho trovato un bloc notes. Su cui ho trovato scritta la motivazione del mio viaggio in America Latina. All’epoca vivevo a Bruxelles, il mio capo non sapeva ancora che me ne sarei andata, i miei amici sì e pure Marco.

Credo che in qualche punto tra Spagna, Francia e Belgio sono nate queste parole… E’ stato strano e bello ritrovarle. Sono parole del 2013, non me ne vogliate. Io del 2015 non condivido tutto (soprattutto la parte della guerra civile con la fattoria autarchica che ci rimane sotto). 

Ma condivido molto, sì.

Buona lettura… 

Diciamocelo. Noi di sinistra viviamo in uno stato di contraddizione perenne. Siamo immersi in un sistema che non ci piace. E come potrebbe piacerci? La maggior parte di ciò che consumiamo è prodotto tramite sfruttamento e violenza nei confronti delle persone o dell’ambiente. Quello che eticamente ci soddisferebbe spesso costa soldi e tempo che non abbiamo. E come se non bastasse c’è il green washing a rendere tutto ancora più confuso.

Questo sistematico sfruttamento viene insabbiato, sempre più a fatica, o ci viene presentato come ineluttabile dai governi, dai guru dell’economia, dall’Europa. Da quei partiti di sinistra che ci dovrebbero rappresentare. E dai loro giornali. O da quelli che hanno deciso di fregarsene, perché tanto, comunque, non possiamo cambiare il mondo, tanto vale adattarsi.

Viviamo immersi nel capitalismo, che critichiamo tramite post infuocati su facebook, magari dal nostro smartphone,  con il suo Coltan, sinonimo di morte e guerra in posti lontani. A costo di diventare dei noiosissimi eremiti fondamentalisti, ci dobbiamo rassegnare ad essere complici di questo sistema che opprime.

OK. Va bene. Non possiamo cambiare il mondo consumando diversamente a meno di non rifugiarci tutti in una fattoria biodinamica, sinergica e autarchica (che diventerebbe molto affollata col passar del tempo e probabilmente rasa al suolo durante una sanguinosa guerra civile).

Allora che facciamo? Proviamo ad impegnarci, almeno un po’. Alcuni lo fanno nella politica vera, quella dei partiti, ma le delusioni sono così tante che la storia si conclude con poltrona o fuga. Per quelli meno estremisti abbiamo altre opzioni come associazioni, movimenti, GAS, GASP, orti, bici e altre fricchettonate un po’ radical chic.

Organizziamo interessantissimi eventi in cui cerchiamo di sensibilizzare le masse sui temi più disparati: movimenti alternativi, violazioni di diritti, poveri, discriminazione, buone pratiche, progetti partecipati e compagnia. I partecipanti, si sa, saranno pochi, per la maggior parte amici, che già sanno tutto del tema. Ci accontentiamo di un paio di sensibilizzati nuovi per dare un senso agli sforzi organizzativi. Di masse, però, non se ne vedono. Sono a casa, davanti a qualche schermo, o da qualche altra parte. Non certo in quella stanza piena di gente che si conosce (comunisti!). E che magari non accoglie.

OK, va bene. Sulla capacità di includere e sensibilizzare abbiamo ancora da imparare, Ma esiste una massa critica che condivide una certa visione del mondo e che, potendo, farebbe scelte diverse e vorrebbe dei governanti con abbastanza coraggio per scegliere il bene comune sopra il profitto. Eppure non vinciamo MAI. E quando vinciamo poi non si riesce mai a fare ciò che avremmo voluto. E deludiamo. E perdiamo.

Perché? Penso che non riusciamo mai a cambiare le regole del gioco e chi fa le regole poi alla fine vince. Ma ci dev’essere un modo. Una risposta, delle risposte… Ecco, credo che l’America Latina ne abbia. E ho bisogno di andarglielo a chiedere.

Ecco perché partivo. E’ stato strano rileggerlo. Forse l’avevo dimenticata tutta questa chiarezza. 

Concludo con la prima risposta che ha cambiato un bel po’ le carte in tavola.

A Montevideo abbiamo incontrato Raul Zibechi, che da 20 anni studia i movimenti sociali in America Latina. Quando gli ho detto ‘di sinistra’ mi ha risposto che ‘come dice Marcos, la destra e la sinistra sono il posto dove parcheggi la macchina, ciò che conta è se sei de abajo o de arriba’. E che, per la cronaca, lo stato non si può cambiare perché è fatto per opprimere. Queste nuove visioni hanno contaminato la mia, ci è voluto del tempo, ma in fondo erano risposte ciò che cercavo.

Credo, ora, di averne un pochino di più. Grazie a tante persone che ci hanno accompagnati e hanno aperto generosamente la porta.

Chiuderei con Raul e con un abbraccio (l’articolo con l’intervista, in italiano, è qui).

11231851_1629027720717291_1053231532120362368_n

La mia Guru

In questo bellissimo turbine che è diventato la vita della Nave, spesso torna la parola Guru. Il che mi ha portato a riflettere su chi siano i miei Guru, ovvero i miei modelli ispiratori.

La risposta è stata sorprendente.

In giro per il mondo, ho avuto la fortuna di incontrare una miriade di persone, che per un motivo o per l’altro mi hanno ispirato, ma a volte c’era un distacco tra parola e azione che mi faceva pensare che qualcosa, nel mio modo di vivere, avrei voluto fare diversamente.  Anche perché i miei amici Tolteca in questo senso non lasciano spazio al dubbio: ‘Sii impeccabile con le tue parole!’. Non si può predicare bene e razzolare male, se si vuole che i pignolini come me ti prendano sul serio. Soprattutto se ti comporti male con gli altri.

Il mio Guru, anzi, la mia Guru, l’avevo incontrata molti anni prima, proprio qui, a Verrua. Ha sempre suscitato una grande ammirazione in me. Non stava mai ferma, a casa sua c’era sempre da mangiare, da bere, da correre nei prati, movimento, energia. Io all’epoca ero una ragazzina di città appena sbarcata in campagna, stavo molto bene di fronte ad un libro, anche nel cortile delle case FIAT dov’ero cresciuta, ma c’erano tante cose che non sapevo e avevo paura di fare, soprattutto nei posti e con le persone nuove. Avevo paura addirittura di prendere qualcosa per qualcuno in una stanza in cui non ero mai entrata… Mi capitava di non saper neanche accettare un panino se avevo fame, perché la mia nonna diceva sempre che bisognava dire di no. E la mia Guru allora mi diceva, ‘OK, se non hai fame non importa!’. Io allora mi torturavo, fino a quando non ammettevo che forse, sì in effetti avevo un po’ di fame… Una volta ricordo che ho aspettato troppo e tutti avevano già mangiato tutto. Da quella volta ho deciso che quella regola lì non mi avrebbe portato a nulla di buono. Continue reading

11115238_1618479151772148_5477637695164555016_o

La Nave, Cenerentola, Jovanotti e la spirale del tempo

Qualche giorno fa mi trovavo intorno ad un tavolo con Matteo Seno e quelli della Prima Minga. Parlavamo della rappresentazione del tempo. Siamo partiti che per me  la migliore era il cerchio e per Matteo la linea e alla fine ci siamo trovati sulla spirale, che poi guarda caso è pure il simbolo della Permacultura. E’ stata una bella chiacchierata in una bella giornata.

Ora credo di aver trovato un esempio interessante di come la spirale descriva meglio lo scorrere del tempo rispetto alla linea a cui siamo abituati e lo vorrei condividere con voi.

La prendo alla lontana, ma ci arriviamo, promesso.

Stamattina mi hanno svegliata Shira e Johnny, me li sono ritrovati entrambi alle sei sul nuovo letto di pallett. Dopo mezz’ora di coccole sotto lo sguardo truce di Ecuador, che disapprova il mio rapporto con i cani, ci siamo alzati (io, i cani e il gatto) ed è iniziata la mia giornata. Ho fatto molte pulizie, mentre gli altri piano piano si svegliavano. Dopo aver innaffiato l’orto, già che mi trovavo con la gomma in mano ho lavato la macchina, poi ho fatto un paio di lavatrici, ho piegato le cose e le ho messe nell’armadio in camera dei miei, dove, già che c’ero ho rifatto il letto e non elencherò tutto il resto perché ho pietà di voi. Nel frattempo pensavo. Prima di tutto mi stupivano alcune cose, tra cui il fatto che non era male dedicarsi a lavori pratici, direi che è quasi terapeutico. E non capivo come mai mi era sempre pesato così tanto. E mi veniva in mente metti la cera-togli la cera di Karate Kid. Che poi ho rivisto un paio di volte su qualche pullman tipo in Colombia.

Di fatto, la meditazione può passare anche per un atto ripetuto come dipingere, pulire o lavare un’auto. Eppure a me tutte queste cose pesavano da morire, una volta. E, mentre pulivo, osservavo il modo in cui si facevano le cose a casa mia. C’era un alone di noncuranza, un’abitudine a non vedere le cose, ma a concentrarsi solo su quello che si aveva deciso di fare, anche se sarebbe stato molto facile fare un pezzettino in più. Quel pezzettino che quando  lo facevamo poi ci sentivamo meglio perché era tutto finalmente a posto. Continue reading

10900168_1008971382464815_1625493803773685536_o

Colombia mon amour

È notte, siamo a Cartagena e domani mattina lasceremo la Colombia per l’ultima tappa, Cancun, Messico.

Dopo questi tre mesi, a dir poco intensi, ce ne andiamo con profonda gratitudine e un pizzico di malinconia. Non c’è dubbio che ci mancherà questa Colombia, che ci ha accolti come nessun altro luogo e che è stata scenario di un momento importantissimo di apprendimento, crescita, in cui abbiamo messo delle solide basi per quello che succederà al ritorno.

Siamo stati conquistati dai suoi abitanti che hanno smentito l’immagine riduttiva e distorta che ne danno i media, di un paese insicuro caratterizzato da guerriglia, rapimenti e traffico di droga. Ebbene, è un fatto che la guerra civile sia parte della realtà di questo paese da cinquant’anni, come è un fatto che quello colombiano, nonostante questo, sia uno dei popoli più genuini, aperti e gentili che abbiamo incontrato.

La Colombia è la casa che tutti vorrebbero avere, dove quando chiedi un’indicazione, due volte su tre le persone non si limitano a darti una spiegazione, ma ti accompagnano direttamente, e magari, come è successo a Marco a Bogotà, alla fine ti offrono pure una birra. È un posto in cui mentre cammini di notte alla ricerca di un ostello puoi essere chiamato da due ragazzi in un bar per offrirti l’ultima salchipapa invenduta prima della chiusura e mentre mangi chiacchierando ti ritrovi con un invito a dormire a casa loro. È un posto dove affitti una stanza per cinque giorni e ti ritrovi accolta da una splendida coppia di pittori, che poi t’invita nella sua casa in un paradiso naturale a San Rafael. Continue reading

Castello_Pianura_2

Un anno. E un cerchio che si chiude…

Sono due giorni che ci sto provando. È passato un anno, ho un sacco di progetti per il ritorno, devo scrivere! Devo comunicarlo!

Succede, però che si tratta di comunicare un cambiamento profondo, fatto di tanti piccoli momenti, che è direttamente collegato con il cosa fare al ritorno. Succede che la mia vita si è trasformata in una successione di incontri bellissimi e determinanti, di rivelazioni, di coincidenze. Tante cose che mi fanno sentire come se l’universo stia complottando al mio fianco. Sono tante cose e ho un po’ paura di non riuscire a farvele sentire tutte.

Ma adesso ci proviamo.

Oggi è un anno che siamo in questo continente, alla ricerca di risposte e ispirazioni.

Il sette marzo 2014 sbarcavano a Buenos Aires due fratelli. Irene, la pianificatrice, che aveva fatto un bel po’ di rumore intorno al suo progetto, felice della scelta compiuta, ma altrettanto preoccupata di non deludere, di tener fede agli impegni presi, il blog, le interviste, i contatti… Lo spagnolo che parlucchiava, ma che ancora non padroneggiava, i tanti alleati che l’aiutavano da lontano e da vicino. E Marco, il fratellino sognatore e un po’ sconclusionato, presente, ma allo stesso tempo nel suo mondo.

Eccoci qua, così giovani e così diversi! Ricordo il primo periodo come un bombardamento di informazioni, contatti, interviste… Il movimento delle imprese recuperate, l’intervista ad Andrés Ruggeri, ad Ernesto del Chilavert, a Pablo Guerra, a Ricardo Orzi, alla potentissima Anna del Valle, tra le mura del Bauen… I primi incontri con viaggiatori, il supporto a distanza di Marco che mi passava i contatti da Bogotà. Un altro Marco che ci aiutava dall’Italia condividendo i nostri articoli su comune-info… L’Uruguay e Cabo Polonio e la discesa al Sud in Patagonia e nella comunità Mapuche di Mauro Millan. Le radio comunitarie… Neuquen e i mille asados con Carlos e Alicia, e poi il Cile. Registrare, scrivere, fotografare, montare video… Sono stati mesi intensi e un po’ difficili i primi, mi mancavano gli amici, una dimensione mia e allo stesso tempo si ricostruiva il rapporto con Marco, conflittuale a volte, perché il progetto era più mio che suo e c’era sempre da tirarlo dentro. Piano piano le cose sono cambiate e da osservatori e ascoltatori di esperienze di altri ci siamo trasformati in attori protagonisti del viaggio e delle nostre vite. Abbiamo iniziato a godere con più rilassatezza dei paesaggi, degli incontri, abbiamo incontrato compagni di viaggio, Tomas, Majo, Maxi e molti altri. Abbiamo smesso di pianificare. E la vita ci ha regalato grandi insegnamenti.

Alcuni di questi, alla rinfusa, li vorrei condividere con voi che avete accompagnato questo lungo percorso. Continue reading