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kapak danza

Kapak Raymi, solstizio d’inverno con i Saraguro


Prima porta.
Il sole brucia la nostra pelle, la sabbia scotta sotto i nostri piedi martoriati dalle pietre e dalle spine di cactus, mentre il kapak par 1diavolo ci incita a non fermarci e continuare a danzare. “cosa siete  venuti a fare qui??”. Abbiamo già bevuto il primo bicchiere di San Pedro. Qualcuno ha già vomitato. Gli uomini e le donne ballano, s’incrociano, vanno ai quattro lati del cerchio a prendere l’energia della Pachamama. Noi, in mezzo a loro, provati, ma si continua ad andare avanti.  I tamburi scandiscono il ritmo della danza.

El camino de la colebra ya no tiene paso atras, adelante, adelante hay que andar. 

Verso la fine il dolore comincia a diventare relativo. L’abbiamo superato. Dopo un tempo incalcolabile la musica smette e crolliamo al suolo. La donna  che guida il nostro gruppo piange sorridendo, l’abbraccio, piango un po’ anch’io, è un pianto liberatorio, della fatica di essere donna. Il ballo ha reso bene l’idea, si cammina, si va avanti e si deve essere belle allo stesso tempo. E mentre lo facciamo non riusciamo ad evitare di prenderci sempre cura di qualcuno. Di dare 10924678_335835949958593_1950006387433171482_namore e  vita. Sono tante cose tutte insieme. La leader delle donne mi racconta anche che la figura del diavolo per loro non è negativa, ma è vista come una parte del tutto, con un ruolo molto importante. Il termine diavolo è un frutto del sincretismo, nella tradizione precolombiana si parlava di Haya, che incarna la forza e il potere tanto positivo come negativo della natura, che ha un ruolo di guida e consigliere per la comunità. Continue reading

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Impressioni ecuadoriane

Questo Ecuador, così, non ce l’aspettavamo. Non ci aspettavamo che ci saremmo rimasti tre mesi, di cui due in una comunità. Lo vedevamo come un pezzo di terra tra Perù e Colombia, non avevamo idea… Ricordo, quando a Mancora si parlava con Majo e Maxi, gli argentini con cui viaggiavamo. Per loro, come per molti altri viajeros, l’Ecuador è il posto dove si guadagnano i dollari che servono per proseguire a nord. Per questo motivo, i ragazzi pianificavano di restarci tre mesi. Io e Marco eravamo un po’ preoccupati, perché per noi un paese così piccolo era da fare in un mese, un mese e mezzo massimo. All’epoca ci immaginavamo in Messico a capodanno, che c’era il festival de las rebeldias nella selva lacandona. Continue reading

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Empanadas colombiane e vita comunitaria con Sorangi

Bueno… I propositi di ordine cronologico sono già sfumati, questo articolo parla del qui ed ora: Ecuador, comunità Shambalabamba e la storia di Sorangi, una dei residenti, che oltre a parlarci di lei ci ha insegnato la ricetta delle  sue deliziose empanadas colombiane.

Quando ho visto Sorangi per la prima volta era seduta nella Maloka, cucina comune e centro dell’ecovillaggio Shambalabamba, dove siamo giunti due settimane fa, quasi per caso e da dove non abbiamo molta voglia di andarcene. Stava dipingendo cartelli colorati per il festival che sarebbe cominciato di lì a poco. Leimage ho chiesto se voleva una mano, ma aveva quasi finito. Nei giorni successivi tra cucina, pittura e acquisti ho avuto l’occasione di passare un po’ do tempo con lei, ho scoperto che vive qui da un anno, che prima stava viaggiando e prima ancora insegnava all’università di Cali, in Colombia. Ho anche avuto la fortuna di partecipare ad uno dei suoi atelier di danza sperimentale e di condividere con lei dei bellissimi momenti di scambio tra donne, che qui chiamano circulos de mujeres. Continue reading