È notte, siamo a Cartagena e domani mattina lasceremo la Colombia per l’ultima tappa, Cancun, Messico.
Dopo questi tre mesi, a dir poco intensi, ce ne andiamo con profonda gratitudine e un pizzico di malinconia. Non c’è dubbio che ci mancherà questa Colombia, che ci ha accolti come nessun altro luogo e che è stata scenario di un momento importantissimo di apprendimento, crescita, in cui abbiamo messo delle solide basi per quello che succederà al ritorno.
Siamo stati conquistati dai suoi abitanti che hanno smentito l’immagine riduttiva e distorta che ne danno i media, di un paese insicuro caratterizzato da guerriglia, rapimenti e traffico di droga. Ebbene, è un fatto che la guerra civile sia parte della realtà di questo paese da cinquant’anni, come è un fatto che quello colombiano, nonostante questo, sia uno dei popoli più genuini, aperti e gentili che abbiamo incontrato.
La Colombia è la casa che tutti vorrebbero avere, dove quando chiedi un’indicazione, due volte su tre le persone non si limitano a darti una spiegazione, ma ti accompagnano direttamente, e magari, come è successo a Marco a Bogotà, alla fine ti offrono pure una birra. È un posto in cui mentre cammini di notte alla ricerca di un ostello puoi essere chiamato da due ragazzi in un bar per offrirti l’ultima salchipapa invenduta prima della chiusura e mentre mangi chiacchierando ti ritrovi con un invito a dormire a casa loro. È un posto dove affitti una stanza per cinque giorni e ti ritrovi accolta da una splendida coppia di pittori, che poi t’invita nella sua casa in un paradiso naturale a San Rafael. Continue reading