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Luis Razeto e la nueva civilizacion

Torniamo in Cile, a Santiago, dove abbiamo avuto l’opportunità di incontrare Luis Razeto Migliaro, colui che trent’anni fa coniava il termine ‘economia solidaria‘, che ha poi sviluppato e sistematizzato in un’opera vastissima. Una sorta di personaggio mitico per me, che l’avevo studiato e citato ampliamente nella mia tesi. Ci ha accolti nell’università che ha fondato, l’Universitas nueva civilizacion.

Luis ci parla in italiano, perchè ha passato a Roma diversi anni, durante la dittatura, e ci chiede del nostro progetto. Noi ci raccontiamo un po’ e gli chiediamo a nostra volta di sapere di più sul concetto di nuova civiltà, o nueva civilizacion, come si dice qui,  che Razeto sta promuovendo negli ultimi anni.

Ci spiega, con grande semplicità, che la civiltà moderna, dello stato, dell’industria e delle ideologie, è in decadenza. Lo stato è in crisi, come lo sono i partiti e non riesce più a integrare giovani e a dare un ruolo agli anziani. Per questo si stanno moltiplicando disagi sociali e sofferenze in settori importanti della popolazione. E fino a qui, siamo tutti d’accordo, rispondiamo noi.

Secondo Razeto a questa crisi corrisponde la nascita di una civiltà nuova e superiore che si sta già manifestando, caratterizzata da nuova economia, non capitalistica: un’economia solidale, appunto. Questo è un processo inesorabile, ma non è facile perchè esige dalle persone cambiamenti culturali, di vita e di relazioni.

Gli chiediamo allora che cos’è per lui l’economia solidale. Ci risponde che vuol dire fare economia con solidarietà, ovvero produrre in modo cooperativo, distribuire i risultati in modo equo, in base ai diversi bisogni, consumare condividendo beni e servizi, riducendo gli sprechi e secondo le necessità della persona e del gruppo. Oggi spesso non è così, si consuma per beneficiare le imprese produttive. L’obiettivo dell’economia solidale è invece l’accumulo di conoscenze, esperienze, rapporti con altri, partecipazione. Si tratta di un modo integrale di vivere.

Razeto sottolinea che una civiltà nuova non nasce facilmente nè semplicemente, ci vogliono decenni, persino secoli, ma i risultati sono immediati per le persone che partecipano già oggi: la loro vita cambia, iniziano a crescere, sviluppano capacità che prima non avevano. Il risultato non va valutato monetariamente, anche perché nell’economia solidale si vive con meno che nell’economia capitalistica. Non si deve sempre crescere. È un modo diverso di accumulazione economica, in cui si cresce intellettualmente e individualmente, nei rapporti solidali, nell’aiuto reciproco, nella creazione di reti sempre più fitte e sempre più ampie che garantiscono soddisfazione dei bisogni.

Il professore continua dicendo che molte persone che vengono a contatto con l’economia solidale restano affascinate dai risultati che osservano, ma al momento di prendere iniziativa si trovano in difficoltà. Per due cause principali: l’indebitameno di con il sistema finanziario e la paura di uscire dal sistema e dalle sue garanzie. Bisogna decidere, ci dice con semplicità. L’economia solidale nasce da gruppi, famiglie che decidono di vivere in un altro modo.

È una decisione libera, che per questo non può pretendere di imporsi a tutti. Per questo motivo secondo lui l’obiettivo non può essere prendere il potere politico e imporre questo modo di vivere. Ma non si può imporre un processo culturale e della società civile. Non è un progetto che deve coinvolgere tutta la società simultaneamente, anche perchè questo avvenga è necessario passare attraverso il potere. E la ricerca del potere e della ricchezza sono caratteristiche di questa civiltà moderna e in crisi.

Una nuova civiltà comprende ovviamente una nuova politica. Ma questa va creata, inventata. La strada non può essere creare un nuovo partito per participare alla politica dello stato, si sta cercando così di cambiare la politica da 200 anni e questo è il risultato. Per creare una nuova politica bisogna dimenticarsi dello stato e cominciare a riprendere individualmente e socialmente il controllo delle proprie posizioni di vita.

Il cambiamento deve avvenire dal basso verso alto, tramite piccole esperienze in cui si impara a prendere decisioni, norme di vita e creare leggi in modo partecipativo. Chiaramente, se si tenta di creare una nuova politica con persone consumistiche, competitive, non si andrà molto lontano. Il concetto fondamentale è l‘autonomia, che inizia nella coscienza, nel diventare autonomi nel proprio pensiero, nei propri valori, smettendo di lasciarsi vivere dalla società e dal pensiero dominante.

Gli facciamo quindi la domanda da un milione di dollari… Come si fa? Cosa possiamo fare noi? Ci dice che per iniziare un’esperienza di economia solidale si deve partire da ciò che uno è, ciò che uno sa fare e incontrare altre persone simili complementari nelle conoscienze e creare iniziative a partire dalla realtà in cui si vive. Ci fa l’esempio dell’Universitas Nueva Civilisacion, che è un’iniziativa in corso di sviluppo di creare una università di un nuovo tipo con comunità di studio, di ricerca, di insegnamento, nella quale si cerca di conoscere secondo una struttura di conoscenza comprensiva.

L’incontro con Razeto a me ha dato tantissimo da pensare, è difficile lasciare da parte l’impostazione in cui siamo imbevuti, dove il cambiamento passa per la presa, o molto più spesso almeno a sinistra, per il tentativo di presa del potere. Eppure il discorso e le parole di Razeto filano… Una nuova civiltà non può nascere se non con una nuova politica, una nuova economia e una nuova scienza. Come mi piace. Credo che difficilmente sarò presente per vedere il completamento di questa nuova civiltà, però di certo mi piacerebbe poter vivere questo cambiamento.

2 thoughts on “Luis Razeto e la nueva civilizacion”

  1. Bell’articolo Ire. Che bella esperienza che stai vivendo. Godetevela.
    Sul potere ci sarebbe da parlare ore e ore… perché non ho capito come intende il potere che nella vita di tutti i giorni cerchiamo e imponiamo agli altri. Il potere, secondo me, permea tutti gli aspetti della vita.
    Ps. Si vede che iniziate a confondere pian pianino lo spagnolo con l’italiano

  2. Grazie Fran! Sul potere credo che più che altro intendesse che secondo lui l’obiettivo di chi cerca un cambiamento non può essere tramite una presa di potere politico nella società in cui viviamo… Però sì, ce ne sarebbe da parlare per ore, concordo… Tra qualche mese! ;) (y bueno, si el español, con fuerte influencia argentina nos está contaminando, es un hecho, ché! Pero está muy sarpado!)

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