Category Archives: Storie di viaggio

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Impressioni porteñe – prima parte

Ecco l’immancabile post su Buenos Aires che tutti stavate aspettando. O forse no, aggiunge Marco. Io dico di sì. Comunque siamo d’accordo sullo scriverlo in ogni caso.

Lingua. Buenos Aires, prima di tutto, si dice anche Baires, che fa molto più figo e già quasi autoctono, invece l’aggettivo per riferirsi ad abitanti e cose che appartengono a Buenos Aires è porteño. Lo spagnolo che si parla in Argentina ha qualche piccola differenza rispetto a quello a cui siamo abituati in Europa. Prima di tutto si parla più lentamente, in modo più rilassato, il che a noi piace molto. Inoltre, la doppia l e la y seguita da vocale si pronunciano con un suono misto simile alla j alla francese o una sc, a seconda di chi parla. Per cui, per esempio  la frase ‘io sono sono di sevilla e parlo spagnolo’ suona così: ‘jo soy de sevija y hablo castejano’. Per dire va bene si dice dale e un intercalare molto usato, che vuol dire capito è ‘viste?’. 

Strade e quadras. Baires è grande, le vie spesso sono possono avere tranquillamente 8 corsie e durano almeno 5.000 numeri, se no non AVENIDA DE MAYOvale. Avenida Rivadavia, per esempio, arriva fino al 14.000! La numerazione, poi, è piuttosto casuale, può saltare dal 1.100 al 1.300 senza che nessuno si scomponga. I numeri partono in plaza del Congreso e vanno a crescere. Le distanze a Buenos Aires si misurano in quadras. Una quadra è un isolato, ma è piuttosto frequente che ti si dica che un posto sta 25 quadras. Il che presuppone una conoscenza della geografia urbana decisamente fuori dal comune. Abbiamo passato giorni a interpellarci sull’argomento, facendo ipotesi strampalate. Alla fine, abbiamo chiesto. E abbiamo scoperto che, no, per le distanze di questo genere le persone non sanno per davvero quanti isolati ci sono e che una quadra misura circa 100 metri! Questa scoperta è stata deludente e rassicurante al tempo stesso… Continue reading

pala nel corteo

24 Marzo. Nunca más.

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Sottotitolo: per fortuna l’ignoranza è un male curabile

E fu così che sbarcammo in Argentina con una vaga, vaghissima idea della sua storia, oltre che a nozioni scarse rispetto alla sua lingua. Ma fortunatamente, chiedendo leggendo e ascoltando c’è rimedio a tutto.

Questo post parla di ciò che abbiamo imparato finora su quello che è successo in Argentina dal 1976 al 1983, durante la dittatura militare, dei posti visitati durante questi giorni legati a questo tema e su cosa significa 24 marzo a Buenos Aires. Continue reading

A2REAC

Disorganizzazione e Imprevisti

Sottotitolo:  Cuba stiamo arrivando!

Se nella fase pre-partenza siamo stati accompagnati dall’APP, questa prima fase porteña è stata caratterizzata dagli imprevisti. Non troppi, in realtà, ma piuttosto incisivi.

La disorganizzazione, invece, è un’amica fedele, che si trova molto bene con le care e già citate pigrizia e procrastinazione. Disorganizzazione ti accompagna tutto il giorno e fa sì che la sera ti ritrovi stanco e affaticato chiedendoti che cos’hai concluso. La risposta non è niente, è meno. Meno di quello che avremmo potuto fare seguendo un piano, per esempio. Diciamo che questa sensazione  ci è abbastanza famigliare in questi primi giorni a Buenos Aires.

Abbiamo i contatti, abbiamo una casa grande e confortevole, relativamente poco di cui preoccuparci eppure dopo 10 giorni la maggior parte delle cose sono ancora da fare. Tipo capire esattamente dove andremo quando partiremo da qui, chi incontreremo, come ci sposteremo, chi ci ospiterà. Oltre a questo, dobbiamo incontrare almeno tre fabbriche recuperate, le madri e le nonne di plaza de Mayo, due cooperative, due giornali indipendenti. E non siamo neanche mai usciti la sera! Per fortuna tra poco arriverà Panico e si porterà dietro Efficienza e tutto si risolverà. Va sempre così.

Gli imprevisti sono stati due. E soprattutto il primo ha decisamente aiutato Disorganizzazione contribuito a farci perdere un po’ di tempo…
La storia dell’imprevisto numero uno è abbastanza paradossale, come avrete potuto notare ad un certo punto il sito è scomparso. E poi è riapparso, ma diverso, più bello, possiamo anche dire. Tutto ciò non è dovuto a motivi tecnici, ma ad un grosso malinteso ed una buona dose di egoismo da parte di qualcuno che il karma penserà a punire. O forse un sicario, chissà. Ma per fortuna San Antonello da Londra ha dedicato una giornata a trasferire e ricostruire il nostro sito e a farlo così bello, con noi in diretta dall’altro lato a recuperare password e a dare supporto. Ora mancano solo le traduzioni e qualche quisquilia e poi dovremmo essere a posto.

L’imprevisto numero due ve lo raccontiamo che è abbastanza divertente, ed è collegato al sottotitolo. Nel risveglio del lunedì ansiogeno dell’ AIUTO!Mancano dieci giorni, ci siamo finalmente decisi ad andare da un concessionario alla ricerca della nostra futura brum brum.

Io ero decisamente in ansia sulla questione da quando un tassista ci aveva detto che sotto i 7.000 euro non avremmo trovato nulla di decente. E il tassista ci aveva preso. La macchina più adatta, anche se non rossa, era una berlingo da 7.800€. Visto che però ci piaceva e che il venditore ci ispirava fiducia, abbiamo deciso di andare avanti e chiedere maggiori informazioni. Il venditore è il signor Jorge, originario di Alessandria, che interrompeva le dimostrazioni con aneddoti sul suo abuelo piemontese e che, una volta scoperto da dove venivamo, ci ha presi decisamente a cuore.

Nel suo ufficietto, il caro Jorge ci ha però spiegato che non avremmo potuto intestare a noi la macchina, perchè non abbiamo una residenza in Argentina, ostacolo aggirabile intestando la macchina alle cugine, sempre se fossero state d’accordo. Ma, soprattutto, una macchina comprata in Argentina non si può vendere all’estero. Neanche in Uruguay, figuriamoci in Messico (non siamo come voi in Europa, qui in America Latina!). Al che, vedendoci sbiancare, il gentile signore ci ha proposto di prendere la macchina, metterla su una nave da crociera, salire fino in Messico e fare il viaggio al contrario.

Nonostante l’argomento climatico (sarebbe un anno di estate. no stop.) ci abbia tentato per un attimo, ci siamo resi conto che non si può fare.

Per cui ora stiamo ri-progettando il viaggio con altri mezzi. Dobbiamo ammettere da una parte è liberatorio pensare di non doversi preoccupare di una macchina. Soprattutto quando hai appena scoperto dove si trova il motore (pensavo fosse sotto, invece è davanti, ora vorrei capire sotto cosa c’è). Dall’altra ora abbiamo un po’ di cose da ripensare e riorganizzare.

Ma andremo a Cuba! E non attraverseremo l’amazzonia e la Bolivia in macchina.
Morale della favola: gli imprevisti fanno perdere tempo e sono un po’ una menata, ma molto spesso alla fine è meglio così!

Ah, prossima parada: Uruguay! Consigli, contatti e l’indirizzo di Mujica sono i benvenuti! :)

 

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Arrivati!

Bene, la prima scoperta di questo viaggio è che fare un video e montarlo con un ipad è un’impresa che farebbe scappare la pazienza a un santo, come direbbe la mamma.. Ma ce l’abbiamo fatta, forse, siate clementi voi che guardate…

Tra stanchezza e jet lag tirare fuori un racconto coerente sembra un’impresa impossibile, ma abbiamo deciso che stasera non si dorme senza aver scritto un post.
Dunque, partiamo dal viaggio, 16 ore, schiacciati come sardine, bei film, un paio di incidenti con bicchieri di vino rovesciati: ci piaceva molto l’idea di avere vino gratis, peccato che sapesse di tavernello e che quindi sia rimasto in gran parte nel bicchiere appeso al sedile davanti a noi e successivamente sui nostri jeans. Entrambi i bicchieri. Entrambi i jeans. Siamo proprio fratelli.

L’arrivo a Buenos Aires è andato abbastanza liscio, a parte le tre dogane e un momento di panico in cui il mio zaino e il trolley della zia non arrivavano. Ma poi sono apparsi e ci siamo recati fiduciosi alla ricerca di un taxi che ci ha portato nel supermegafigherrimo appartamento dove, per bontà della zia, rimarremo per tre settimane. Si trova in pieno centro, tra plaza de Mayo e plaza della Republica e come ci ha detto Pablo, l’amico che ci ha aperto la porta e mostrato l’appartamento, tutte le manifestazioni passano da qua sotto. Posizione a parte, è enorme e sarà probabilmente il massimo del lusso che vedremo per quest’anno.

Per il resto, durante il primo giorno abbiamo:
1. scoperto che fare la spesa non è particolarmente economico, a meno di non nutrirsi esclusivamente di carne
2. nella prima passeggiata tra fratelli avuto un chiaro segnale che il viaggio non potrà che andar bene. Dopo cinque minuti eravamo in un mercatino di artigianato fricchettone, seduti intorno a dei suonatori di un gruppo che si chiama pachamanca. I componenti, provenienti dai quattro angoli dell’America Latina ci hanno fatto sentire le loro canzoni, offerto birra e fatto un sacco di domande sulla nostra provenienza. Inutile dire che saremmo rimasti lì ad oltranza. Ma il destino ha voluto altrimenti, perchè abbiamo ricevuto un messaggio che diceva che le cugine argentine ci aspettavano a casa…

Adriana, Liliana e Franco, intorno a qualche tazza di tè, cibo e molte sigarette ci hanno raccontato della situazione Argentina ed espresso le loro criticità nei confronti di Cristina, la presidenta, che, stando a loro, deresponsabilizza i cittadini tramite una politica di sussidi indiscriminati, in cambio di voti. Si passa poi ai ricordi di famiglia e alle storie migranti. Il tutto in uno spagnolo misto a italiano, da una parte e dall’altra. Adriana ci promette che si cucinerà qualcosa insieme prima che partiamo da Buenos Aires.

Dopo la loro partenza sono le 6, quindi le 10 in Italia e scatta il momento abbiocco, interrotto da suoni inconfondibili di manifestazione. In effetti avevamo visto qualche manifesto sul corteo per la festa della donna, che qui viene chiamato in modo più corretto dia internacional de la mujer. Poi dopo mujer segue solitamente un aggettivo, che può variare tra trabahadora e luchadora. Come ci piace quest’America Latina! Decidiamo immediatamente di scendere e di prendere parte. E ci rendiamo conto di qualche piccola, ma sostanziale, differenza con quello che siamo abituati a vedere in Italia.

Prima di tutto una grande trasversalità in termini di età: bambine, ragazze, donne, anziane sfilano insieme e lo fanno cantando e trasmettendo gioia e energia, pur rivendicando diritti, lavoro, dignità e autodeterminazione. Non solo donne in piazza ovviamente, ma donne che suonano, donne che cantano, donne che ballano. Le parole aborto legal, seguro y gratuito ricorrono su cartelli, striscioni e magliette. Veniamo a scoprire così che in Argentina l’aborto è reato, salvo in caso di pericolo di vita per la madre o di violenza. Pare, inoltre, che la presidenta stia lavorando ad un progetto di riforma del codice civile che prevede che la vita sia considerata tale a partire dal concenpimento. E questo progetto di legge sarebbe derivante da un accordo con il Papa. Mannaggia, ce la doveva avere una macchia quello là.. Molti slogan anche per l’assoluzione di misteriosi petroleros. Ecco la loro storia: sono lavoratori petroliferi, accusati di aver ucciso un poliziotto durante una manifestazione e condannati all’ergastolo, senza alcuna prova, per questo motivo.

Torniamo a casa presi bene, stanchi morti, consapevoli di quanto avremo da imparare e da lavorare, ma che siamo decisamente arrivati nel posto giusto.

Oggi turismo. Casa Rosada, spasmodica ricerca di pullman turistico per zia, non trovato. Nella piazza dell’obelisco un altro assembramento. Politico immaginiamo immediatamente. Quasi tutte donne, molto giovani. Sventolano bandiere dell’Argentina, avvicinandoci notiamo qualcosa di strano. Sono proprio ragazzine e ci sono altre persone che vendono gadget dei One Direction. Cominciamo a sospettare che l’incontro non sia di natura politica. E infatti si tratta del raduno per chiedere, non abbiamo capito a chi, che i One Direction vadano ad esibirsi in Argentina. Le ragazzine che mi spiegano non si capacitano che a me i One Direction non entusiasmino e neanche Justin Bieber. Scappiamo, prendiamo un bus normale che ci porta a Recoleta dove troviamo un altro mercatino dell’artigianato, gente che suona e che si rilassa sul prato e un divertente spettacolo di capoeira. Casa, insomma!