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Here we are!

Well, the first thing we’ve discovered during this trip is that trying to record and edit a video with an iPad takes the patience of a saint, as our mom would say. But we did it… maybe. Take a look and go easy on us!

Between the tiredness and the jet-lag, coming up with something coherent seemed like an impossible feat, but we’ve decided that we’re not sleeping until we’ve written a post

Let’s start with the flight: 16 hours, crammed in like sardines, good movies, a couple of mishaps with spilled wine – we really liked the idea of free wine, too bad it tasted like two-buck chuck and therefore remained mostly in the glasses on the tray in front of us… before it ended up on our jeans. Both glasses. Both pairs of jeans. We’re really siblings.

The arrival in Buenos Aires went smoothly enough, except for the three customs checks and a moment of panic when my backpack and our aunt’s trolley wouldn’t show up. But then they materialized, and off we went looking for a taxi. Said taxi took us to the supercool flat where we’ll be staying for three weeks, thanks to our aunt’s generosity. It’s smack in the city center, between Plaza de Mayo and Plaza de la República, and as Pablo – the friend who opened the door and showed us around – told us, every demonstration passes right by here. Apart from the location, it’s huge and it’s probably going to be as luxurious as it gets for us for the next year.

During the rest of our first day, we discovered that:

1. grocery shopping is not particularly cheap, unless you’re willing to eat nothing but meat

2. this trip is bound to go well. Five minutes into our first stroll out and about, we found ourselves in an hippy arts & crafts market, sitting around a group of musicians called Pachamanca. The members, hailing from all over Latin America, performed their songs for us, offered us beer and asked a lot of questions about where we were from. Needless to stay, we would have stayed there forever. But Fate had other plans, as a text informed us that the Argentinian cousins were waiting for us at home…

Over a cup of tea, a bit of food and a lot of cigarettes, Adriana, Liliana and Franco told us about the situation in Argentina and expressed their misgivings about Cristina, the ‘Presidenta’. According to them, she’s allowing citizens to shun their responsibilities through a policy of indiscriminate subsidies in exchange for votes. After that, we moved on to family memories and migration stories – all of it mixing Spanish and Italian, on both sides. Adriana promised that we’ll cook something together before we leave Buenos Aires.

***Translated by Beatrice Gechele***

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Arrivati!

Bene, la prima scoperta di questo viaggio è che fare un video e montarlo con un ipad è un’impresa che farebbe scappare la pazienza a un santo, come direbbe la mamma.. Ma ce l’abbiamo fatta, forse, siate clementi voi che guardate…

Tra stanchezza e jet lag tirare fuori un racconto coerente sembra un’impresa impossibile, ma abbiamo deciso che stasera non si dorme senza aver scritto un post.
Dunque, partiamo dal viaggio, 16 ore, schiacciati come sardine, bei film, un paio di incidenti con bicchieri di vino rovesciati: ci piaceva molto l’idea di avere vino gratis, peccato che sapesse di tavernello e che quindi sia rimasto in gran parte nel bicchiere appeso al sedile davanti a noi e successivamente sui nostri jeans. Entrambi i bicchieri. Entrambi i jeans. Siamo proprio fratelli.

L’arrivo a Buenos Aires è andato abbastanza liscio, a parte le tre dogane e un momento di panico in cui il mio zaino e il trolley della zia non arrivavano. Ma poi sono apparsi e ci siamo recati fiduciosi alla ricerca di un taxi che ci ha portato nel supermegafigherrimo appartamento dove, per bontà della zia, rimarremo per tre settimane. Si trova in pieno centro, tra plaza de Mayo e plaza della Republica e come ci ha detto Pablo, l’amico che ci ha aperto la porta e mostrato l’appartamento, tutte le manifestazioni passano da qua sotto. Posizione a parte, è enorme e sarà probabilmente il massimo del lusso che vedremo per quest’anno.

Per il resto, durante il primo giorno abbiamo:
1. scoperto che fare la spesa non è particolarmente economico, a meno di non nutrirsi esclusivamente di carne
2. nella prima passeggiata tra fratelli avuto un chiaro segnale che il viaggio non potrà che andar bene. Dopo cinque minuti eravamo in un mercatino di artigianato fricchettone, seduti intorno a dei suonatori di un gruppo che si chiama pachamanca. I componenti, provenienti dai quattro angoli dell’America Latina ci hanno fatto sentire le loro canzoni, offerto birra e fatto un sacco di domande sulla nostra provenienza. Inutile dire che saremmo rimasti lì ad oltranza. Ma il destino ha voluto altrimenti, perchè abbiamo ricevuto un messaggio che diceva che le cugine argentine ci aspettavano a casa…

Adriana, Liliana e Franco, intorno a qualche tazza di tè, cibo e molte sigarette ci hanno raccontato della situazione Argentina ed espresso le loro criticità nei confronti di Cristina, la presidenta, che, stando a loro, deresponsabilizza i cittadini tramite una politica di sussidi indiscriminati, in cambio di voti. Si passa poi ai ricordi di famiglia e alle storie migranti. Il tutto in uno spagnolo misto a italiano, da una parte e dall’altra. Adriana ci promette che si cucinerà qualcosa insieme prima che partiamo da Buenos Aires.

Dopo la loro partenza sono le 6, quindi le 10 in Italia e scatta il momento abbiocco, interrotto da suoni inconfondibili di manifestazione. In effetti avevamo visto qualche manifesto sul corteo per la festa della donna, che qui viene chiamato in modo più corretto dia internacional de la mujer. Poi dopo mujer segue solitamente un aggettivo, che può variare tra trabahadora e luchadora. Come ci piace quest’America Latina! Decidiamo immediatamente di scendere e di prendere parte. E ci rendiamo conto di qualche piccola, ma sostanziale, differenza con quello che siamo abituati a vedere in Italia.

Prima di tutto una grande trasversalità in termini di età: bambine, ragazze, donne, anziane sfilano insieme e lo fanno cantando e trasmettendo gioia e energia, pur rivendicando diritti, lavoro, dignità e autodeterminazione. Non solo donne in piazza ovviamente, ma donne che suonano, donne che cantano, donne che ballano. Le parole aborto legal, seguro y gratuito ricorrono su cartelli, striscioni e magliette. Veniamo a scoprire così che in Argentina l’aborto è reato, salvo in caso di pericolo di vita per la madre o di violenza. Pare, inoltre, che la presidenta stia lavorando ad un progetto di riforma del codice civile che prevede che la vita sia considerata tale a partire dal concenpimento. E questo progetto di legge sarebbe derivante da un accordo con il Papa. Mannaggia, ce la doveva avere una macchia quello là.. Molti slogan anche per l’assoluzione di misteriosi petroleros. Ecco la loro storia: sono lavoratori petroliferi, accusati di aver ucciso un poliziotto durante una manifestazione e condannati all’ergastolo, senza alcuna prova, per questo motivo.

Torniamo a casa presi bene, stanchi morti, consapevoli di quanto avremo da imparare e da lavorare, ma che siamo decisamente arrivati nel posto giusto.

Oggi turismo. Casa Rosada, spasmodica ricerca di pullman turistico per zia, non trovato. Nella piazza dell’obelisco un altro assembramento. Politico immaginiamo immediatamente. Quasi tutte donne, molto giovani. Sventolano bandiere dell’Argentina, avvicinandoci notiamo qualcosa di strano. Sono proprio ragazzine e ci sono altre persone che vendono gadget dei One Direction. Cominciamo a sospettare che l’incontro non sia di natura politica. E infatti si tratta del raduno per chiedere, non abbiamo capito a chi, che i One Direction vadano ad esibirsi in Argentina. Le ragazzine che mi spiegano non si capacitano che a me i One Direction non entusiasmino e neanche Justin Bieber. Scappiamo, prendiamo un bus normale che ci porta a Recoleta dove troviamo un altro mercatino dell’artigianato, gente che suona e che si rilassa sul prato e un divertente spettacolo di capoeira. Casa, insomma!