SETTEMBRE 2010
– Quindi su cosa la fai la tesi?
– Sull’economia solidale.
– (pausa perplessa) Ahhhh! C’è un vento terribile in questi giorni, non trovi?
SETTEMBRE 2013
– Quindi su cosa lo fai il viaggio?
– Sui movimenti sociali..
– Ah! Bello!
– Sì! E sull’economia solidale.
– (pausa perplessa) Ahhhh! Ma parlami di questa storia delle ricette…
Economia sociale, economia solidale, economia civile, altra economia, no profit, economie sociale et solidaire, economia solidaria, economia popular de solidaridad, economia sociale y solidaria, cooperativismo, finanza etica, microcredito, commercio equo, mutualismo, terzo settore. Con tutte queste definizioni e categorie è ovvio che nessuno ci capisce niente su cosa sia l’economia solidale.
In più il problema è che chi sa che cos’è sa anche che ci vuole almeno un monologo di mezz’ora per rendere l’idea. Pablo Guerra infatti, per far capire quanto il tema sia complicato dà come primo compito ai suoi studenti di digitare economia solidale e riportare tre definizioni diverse. E chi è Pablo Guerra? Quello che se dici ‘economia solidale’ e ‘Uruguay’ nella stessa frase la gente risponde ‘devi incontrare Pablo Guerra!’.
Martedì abbiamo assistito alla sua lezione sulla definizione di economia solidale. Una delle. Che si è aperta con la dichiarazione che ‘non esiste una definizione inequivocabile di economia solidale‘. Ma, poi, qualche riferimento ce l’ha dato.
COSA?
‘L’economia solidale è concetto complesso, che ha 3 dimensioni.’
C’è la dimensione ideologica, che definisce l’economia solidale come un movimento di idee che cerca di affermare un modello più giusto, equo, democratico e sostenibile di fare economia.
La dimensione scientifica, invece, identifica l’economia solidale (o civile, o di solidarietà eccetera, eccetera, eccetera) come nuovo paradigma di interpretazione scientifica dei comportamenti socioeconomici. Questo nuovo paradigma cerca di confutare quello dell’economia standard, che ci dice che l’uomo quando opera in ambito economico diventa un essere terribile, l’homo oeconomicus. Avido, egoista, noncurante del mondo circostante vuole solo una cosa: diventare più ricco. La scelta razionale secondo la scienza economica è quella volta all’accumulazione. Amartya Sen, simpaticissimo nobel indiano, per confutare questa teoria ha scritto ‘sciocchi razionali‘ un saggio che sottolinea come questo fosse vero le persone finirebbero per fare cose contro i propri interessi valori e ideali. (Poi, un giorno vi parlerò di Polanyi. Oh, Karl Polanyi…)
La terza dimensione è quella pratica. Di quelle esperienze caratterizzate dall’associazionismo, la cooperazione e il mutuo aiuto. Dal lato della produzione l’azione economica non ha il profitto come obiettivo, ma piuttosto la realizzazione di un progetto e il sostentamento dei lavoratori, per questo gli utili di solito vengono reinvestiti. Altra caratteristica è che le decisioni aziendali sono prese in modo democratico, con la partecipazione dei lavoratori. L’attenzione oltre ai processi decisionali viene posta sul rispetto per ambiente e sulla parità di genere. Democrazia è una parola chiave anche dal lato del consumo, in cui persone decidono di associarsi per trovare alternative alla grande distribuzione e favorire prodotti che rispettino il lavoro, con basso impatto ambientale e da piccoli produttori piuttosto che dalla grande distribuzione. Ci sono anche situazioni ibride tra produzione e consumo in cui si parla di consum-attori che autoproducono, scambiano, riciclano, beni e servizi in mercatini, banche del tempo e in alcuni casi creando vere e proprie monete sociali.
C’è tutto questo e molto di più nell’insieme appassionante, vivo e caotico dell’economia solidale. Ed è per questo che nel nostro viaggio abbiamo deciso di incontrare sia movimenti, che teorici, che esperienze.
PERCHÈ? ‘L’economia solidale ha tradizioni distinte in Europa e in America Latina.‘ Queste differenze, hanno a che vedere con le motivazioni per cui si inizia un’attività di economia solidale.
Ci sono due versanti.
Il versante della convinzione: consiste nello sfidare il modello egemonico, ritenuto ingiusto, con pratiche alternative. È più politico e più diffuso in Europa.
Il versante della necessità: ha a che vedere con l’elaborazione di strategie di sopravvivenza. È più diffuso in America Latina, nelle esperienze di economia popular de solidaridad. Fabbriche recuperate, mercati comunitari, monete sociali sono alcuni esempi di esperienze nate dalla necessità.
In alcuni casi, una visione politica viene sviluppata a fianco dell’esperienza, ma in altri casi l’obiettivo resta di sopravvivenza o di conservazione del lavoro.
Fine della lesson number 1.
A breve un approfondimento sulle monete sociali, frutto della nostra chiacchierata con Ricardo Orzi.
Ma come mi piacciono i vostri post! Bravi bravi bravi, soprattutto mi piace il modo in cui riuscite a mantenere un tono leggero ed accattivante pur affrontando argomenti che proprio semplici e leggeri non sono.
Giuro che il mio non è un commento “di parte”
mamma
Cavolo, uno avrebbe anche potuto crederci fino alla firma ‘mamma’!
Però, per chi non lo sapesse, la nostra mamma è bibliotecaria, di libri se ne intende!
Ci manchi mà, mannaggia al fuso, quando torniamo dai nostri giri è sempre troppo tardi per chiamare!