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Justicia y Dignidad: dal Chaco a plaza de Mayo

Martedì mattina siamo andati a correre, io la trascinatrice, Marco il trascinato, con un’inversione di ruoli dopo i primi cinque minuti. Al ritorno, siamo passati per plaza de Mayo, dove c’era la stessa barricata che avevamo visto al corteo dell’8 marzo. Ci avviciniamo curiosi e scopriamo delle tende, degli striscioni con la scritta MIJD e un centinaio di persone. Decidiamo di tornare in serata a chiedere delucidazioni.

Le persone accampate hanno tratti indios e ci sono giovani, anziani e bambini. Un primo gruppo di persone ci spiega che vengono dal nord dell’Argentina e ci parla di problemi legati alla mancanza di acqua e di lavoro nella loro regione. Ci indicano una tenda rossa, dall’altro lato, come la tenda del coordinatore, è con lui che dobbiamo parlare.

Incontriamo un altro signore e ci raggiunge Pasqual, il primo a non essere intimidito dalle nostre domande che ci racconta un po’ più nello specifico delle rivendicazioni di questo movimento, mentre il suo amico continua a offrirci mate. Scopriamo, così che MIJD sta per Movimiento Indipendiente Justicia y Dignidad Mecha, è stato fondato il 24 agosto di 15 anni fa da Mercedes Sanchez, la leader del movimento, con cui parleremo più tardi, e una decina di altre persone che vengono dalla regione del Chaco, a nord dell’Argentina, ai confini con il Paraguay.

Ciò per cui si batte il MIJD è una politica economica che favorisca lavoro, salute, istruzione e accesso alle risorse per le persone che vivono nella regione.

Sono accampati per parlare con Jorge Capitanich, l’attuale presidente di gabinetto del governo Kirchner, ex presidente della regione. Capitanich (che all’inizio noi pensavamo si chiamasse Capitan Hitch, ma vabbè) aveva dialogato con il movimento e promesso politiche a favore degli abitanti del Chaco, ma una volta ottenuto l’incarico, a novembre, il suo successore si è rimangiato ogni promessa e ha represso le proteste.

Rafael, un altro fondatore del movimento ci parla di problematiche come la mancanza di scuole per tutti i bambini, di ospedali e di medici specialisti e racconta che lui è qua anche perchè la sua bambina, che ha due mesi, ha un problema per cui è necessario drenare dei liquidi dalla sua scatola cranica e questo non sarebbe stato possibile se fosse rimasto là, ci parla del corso d’acqua deviato per alimentare una miniera a cielo aperto, che ha privato gli abitanti di una risorsa fondamentale per vivere, per pescare e per cacciare.

Arriva Mercedes, stanca, dopo la lunga giornata di riunioni, ci ringrazia per il nostro interessamento e ci parla di come questo movimento non chieda altro che avere le risorse per lavorare ed essere autosufficienti, ci spiega quanto sia stato impegnativa, anche economicamente, per loro questa trasferta porteña e afferma che staranno accampati fino a quando sarà necessario. Ci racconta che il movimento ha una cooperativa, un’università popolare e ha creato un partito che corre alle elezioni regionali per autorappresentarsi. Il partito unisce diversi movimenti sociali, ovviamente non ha vinto le elezioni, ma permette un coordinamento tra le diverse istanze dei vari movimenti.

Per fortuna stanno ricevendo sostegno da altri movimenti in città che hanno sfilato con loro mercoledì, mentre venerdì in Chaco ci sono state manifestazioni in loro sostegno, mentre loro stavano sotto un copioso acquazzone a Buenos Aires. Domenica mattina siamo tornati a parlare con Mercedes, che ci ha detto che nulla si sta muovendo ancora e che loro rimarranno fino a quando non riceveranno risposte concrete sulle politiche economiche per la regione. In molti ci invitano a vedere i loro puebliti (ci sono persone da diversi villaggi, con rivendicazioni e bisogni diversi). E noi abbiamo detto di sì!

Questa è la prima vera storia che raccontiamo su questo blog, ma abbiamo l’impressione che di storie così ne sentiremo tante nel corso di quest’anno.

Sono storie che ti fanno sentire irrimediabilmente privilegiato, che sucitano rabbia e grande ammirazione e che fanno venire voglia di lottare a fianco di queste persone che nella difficoltà non perdono la dignità, la generosità e la determinazione.

Pensiamo di avere molto, ma molto da imparare da loro.Martedì mattina siamo andati a correre, io la trascinatrice, Marco il trascinato, con un’inversione di ruoli dopo i primi cinque minuti. Al ritorno, siamo passati per plaza de Mayo, dove c’era la stessa barricata che avevamo visto al corteo dell’8 marzo. Ci avviciniamo curiosi e scopriamo delle tende, degli striscioni con la scritta MIJD e un centinaio di persone. Decidiamo di tornare in serata a chiedere delucidazioni.

Le persone accampate hanno tratti indios e ci sono giovani, anziani e bambini. Un primo gruppo di persone ci spiega che vengono dal nord dell’Argentina e ci parla di problemi legati alla mancanza di acqua e di lavoro nella loro regione. Ci indicano una tenda rossa, dall’altro lato, come la tenda del coordinatore, è con lui che dobbiamo parlare.

Incontriamo un altro signore e ci raggiunge Pasqual, il primo a non essere intimidito dalle nostre domande che ci racconta un po’ più nello specifico delle rivendicazioni di questo movimento, mentre il suo amico continua a offrirci mate. Scopriamo, così che MIJD sta per Movimiento Indipendiente Justicia y Dignidad Mecha, è stato fondato il 24 agosto di 15 anni fa da Mercedes Sanchez, la leader del movimento, con cui parleremo più tardi, e una decina di altre persone che vengono dalla regione del Chaco, a nord dell’Argentina, ai confini con il Paraguay.Martedì mattina siamo andati a correre, io la trascinatrice, Marco il trascinato, con un’inversione di ruoli dopo i primi cinque minuti. Al ritorno, siamo passati per plaza de Mayo, dove c’era la stessa barricata che avevamo visto al corteo dell’8 marzo. Ci avviciniamo curiosi e scopriamo delle tende, degli striscioni con la scritta MIJD e un centinaio di persone. Decidiamo di tornare in serata a chiedere delucidazioni.

Le persone accampate hanno tratti indios e ci sono giovani, anziani e bambini. Un primo gruppo di persone ci spiega che vengono dal nord dell’Argentina e ci parla di problemi legati alla mancanza di acqua e di lavoro nella loro regione. Ci indicano una tenda rossa, dall’altro lato, come la tenda del coordinatore, è con lui che dobbiamo parlare.

Incontriamo un altro signore e ci raggiunge Pasqual, il primo a non essere intimidito dalle nostre domande che ci racconta un po’ più nello specifico delle rivendicazioni di questo movimento, mentre il suo amico continua a offrirci mate. Scopriamo, così che MIJD sta per Movimiento Indipendiente Justicia y Dignidad Mecha, è stato fondato il 24 agosto di 15 anni fa da Mercedes Sanchez, la leader del movimento, con cui parleremo più tardi, e una decina di altre persone che vengono dalla regione del Chaco, a nord dell’Argentina, ai confini con il Paraguay.

Ciò per cui si batte il MIJD è una politica economica che favorisca lavoro, salute, istruzione e accesso alle risorse per le persone che vivono nella regione.

Sono accampati per parlare con Jorge Capitanich, l’attuale presidente di gabinetto del governo Kirchner, ex presidente della regione. Capitanich (che all’inizio noi pensavamo si chiamasse Capitan Hitch, ma vabbè) aveva dialogato con il movimento e promesso politiche a favore degli abitanti del Chaco, ma una volta ottenuto l’incarico, a novembre, il suo successore si è rimangiato ogni promessa e ha represso le proteste.

Rafael, un altro fondatore del movimento ci parla di problematiche come la mancanza di scuole per tutti i bambini, di ospedali e di medici specialisti e racconta che lui è qua anche perchè la sua bambina, che ha due mesi, ha un problema per cui è necessario drenare dei liquidi dalla sua scatola cranica e questo non sarebbe stato possibile se fosse rimasto là, ci parla del corso d’acqua deviato per alimentare una miniera a cielo aperto, che ha privato gli abitanti di una risorsa fondamentale per vivere, per pescare e per cacciare.

Arriva Mercedes, stanca, dopo la lunga giornata di riunioni, ci ringrazia per il nostro interessamento e ci parla di come questo movimento non chieda altro che avere le risorse per lavorare ed essere autosufficienti, ci spiega quanto sia stato impegnativa, anche economicamente, per loro questa trasferta porteña e afferma che staranno accampati fino a quando sarà necessario. Ci racconta che il movimento ha una cooperativa, un’università popolare e ha creato un partito che corre alle elezioni regionali per autorappresentarsi. Il partito unisce diversi movimenti sociali, ovviamente non ha vinto le elezioni, ma permette un coordinamento tra le diverse istanze dei vari movimenti.

Per fortuna stanno ricevendo sostegno da altri movimenti in città che hanno sfilato con loro mercoledì, mentre venerdì in Chaco ci sono state manifestazioni in loro sostegno, mentre loro stavano sotto un copioso acquazzone a Buenos Aires. Domenica mattina siamo tornati a parlare con Mercedes, che ci ha detto che nulla si sta muovendo ancora e che loro rimarranno fino a quando non riceveranno risposte concrete sulle politiche economiche per la regione. In molti ci invitano a vedere i loro puebliti (ci sono persone da diversi villaggi, con rivendicazioni e bisogni diversi). E noi abbiamo detto di sì!

Questa è la prima vera storia che raccontiamo su questo blog, ma abbiamo l’impressione che di storie così ne sentiremo tante nel corso di quest’anno.

Sono storie che ti fanno sentire irrimediabilmente privilegiato, che sucitano rabbia e grande ammirazione e che fanno venire voglia di lottare a fianco di queste persone che nella difficoltà non perdono la dignità, la generosità e la determinazione.

Pensiamo di avere molto, ma molto da imparare da loro.Martedì mattina siamo andati a correre, io la trascinatrice, Marco il trascinato, con un’inversione di ruoli dopo i primi cinque minuti. Al ritorno, siamo passati per plaza de Mayo, dove c’era la stessa barricata che avevamo visto al corteo dell’8 marzo. Ci avviciniamo curiosi e scopriamo delle tende, degli striscioni con la scritta MIJD e un centinaio di persone. Decidiamo di tornare in serata a chiedere delucidazioni.

Le persone accampate hanno tratti indios e ci sono giovani, anziani e bambini. Un primo gruppo di persone ci spiega che vengono dal nord dell’Argentina e ci parla di problemi legati alla mancanza di acqua e di lavoro nella loro regione. Ci indicano una tenda rossa, dall’altro lato, come la tenda del coordinatore, è con lui che dobbiamo parlare.

Incontriamo un altro signore e ci raggiunge Pasqual, il primo a non essere intimidito dalle nostre domande che ci racconta un po’ più nello specifico delle rivendicazioni di questo movimento, mentre il suo amico continua a offrirci mate. Scopriamo, così che MIJD sta per Movimiento Indipendiente Justicia y Dignidad Mecha, è stato fondato il 24 agosto di 15 anni fa da Mercedes Sanchez, la leader del movimento, con cui parleremo più tardi, e una decina di altre persone che vengono dalla regione del Chaco, a nord dell’Argentina, ai confini con il Paraguay.

Ciò per cui si batte il MIJD è una politica economica che favorisca lavoro, salute, istruzione e accesso alle risorse per le persone che vivono nella regione.

Sono accampati per parlare con Jorge Capitanich, l’attuale presidente di gabinetto del governo Kirchner, ex presidente della regione. Capitanich (che all’inizio noi pensavamo si chiamasse Capitan Hitch, ma vabbè) aveva dialogato con il movimento e promesso politiche a favore degli abitanti del Chaco, ma una volta ottenuto l’incarico, a novembre, il suo successore si è rimangiato ogni promessa e ha represso le proteste.

Rafael, un altro fondatore del movimento ci parla di problematiche come la mancanza di scuole per tutti i bambini, di ospedali e di medici specialisti e racconta che lui è qua anche perchè la sua bambina, che ha due mesi, ha un problema per cui è necessario drenare dei liquidi dalla sua scatola cranica e questo non sarebbe stato possibile se fosse rimasto là, ci parla del corso d’acqua deviato per alimentare una miniera a cielo aperto, che ha privato gli abitanti di una risorsa fondamentale per vivere, per pescare e per cacciare.

Arriva Mercedes, stanca, dopo la lunga giornata di riunioni, ci ringrazia per il nostro interessamento e ci parla di come questo movimento non chieda altro che avere le risorse per lavorare ed essere autosufficienti, ci spiega quanto sia stato impegnativa, anche economicamente, per loro questa trasferta porteña e afferma che staranno accampati fino a quando sarà necessario. Ci racconta che il movimento ha una cooperativa, un’università popolare e ha creato un partito che corre alle elezioni regionali per autorappresentarsi. Il partito unisce diversi movimenti sociali, ovviamente non ha vinto le elezioni, ma permette un coordinamento tra le diverse istanze dei vari movimenti.

Per fortuna stanno ricevendo sostegno da altri movimenti in città che hanno sfilato con loro mercoledì, mentre venerdì in Chaco ci sono state manifestazioni in loro sostegno, mentre loro stavano sotto un copioso acquazzone a Buenos Aires. Domenica mattina siamo tornati a parlare con Mercedes, che ci ha detto che nulla si sta muovendo ancora e che loro rimarranno fino a quando non riceveranno risposte concrete sulle politiche economiche per la regione. In molti ci invitano a vedere i loro puebliti (ci sono persone da diversi villaggi, con rivendicazioni e bisogni diversi). E noi abbiamo detto di sì!

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Oggi, radio la tribù!

Pronti per visitare la Radio La Tribù, collettivo di comunicazione e cultura che trasmette dal 1987 dal barrio di Almagro!

http://fmlatribu.com

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http://fmlatribu.comPronti per visitare la Radio La Tribù, collettivo di comunicazione e cultura che trasmette dal 1987 dal barrio di Almagro!

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A2REAC

Disorganizzazione e Imprevisti

Sottotitolo:  Cuba stiamo arrivando!

Se nella fase pre-partenza siamo stati accompagnati dall’APP, questa prima fase porteña è stata caratterizzata dagli imprevisti. Non troppi, in realtà, ma piuttosto incisivi.

La disorganizzazione, invece, è un’amica fedele, che si trova molto bene con le care e già citate pigrizia e procrastinazione. Disorganizzazione ti accompagna tutto il giorno e fa sì che la sera ti ritrovi stanco e affaticato chiedendoti che cos’hai concluso. La risposta non è niente, è meno. Meno di quello che avremmo potuto fare seguendo un piano, per esempio. Diciamo che questa sensazione  ci è abbastanza famigliare in questi primi giorni a Buenos Aires.

Abbiamo i contatti, abbiamo una casa grande e confortevole, relativamente poco di cui preoccuparci eppure dopo 10 giorni la maggior parte delle cose sono ancora da fare. Tipo capire esattamente dove andremo quando partiremo da qui, chi incontreremo, come ci sposteremo, chi ci ospiterà. Oltre a questo, dobbiamo incontrare almeno tre fabbriche recuperate, le madri e le nonne di plaza de Mayo, due cooperative, due giornali indipendenti. E non siamo neanche mai usciti la sera! Per fortuna tra poco arriverà Panico e si porterà dietro Efficienza e tutto si risolverà. Va sempre così.

Gli imprevisti sono stati due. E soprattutto il primo ha decisamente aiutato Disorganizzazione contribuito a farci perdere un po’ di tempo…
La storia dell’imprevisto numero uno è abbastanza paradossale, come avrete potuto notare ad un certo punto il sito è scomparso. E poi è riapparso, ma diverso, più bello, possiamo anche dire. Tutto ciò non è dovuto a motivi tecnici, ma ad un grosso malinteso ed una buona dose di egoismo da parte di qualcuno che il karma penserà a punire. O forse un sicario, chissà. Ma per fortuna San Antonello da Londra ha dedicato una giornata a trasferire e ricostruire il nostro sito e a farlo così bello, con noi in diretta dall’altro lato a recuperare password e a dare supporto. Ora mancano solo le traduzioni e qualche quisquilia e poi dovremmo essere a posto.

L’imprevisto numero due ve lo raccontiamo che è abbastanza divertente, ed è collegato al sottotitolo. Nel risveglio del lunedì ansiogeno dell’ AIUTO!Mancano dieci giorni, ci siamo finalmente decisi ad andare da un concessionario alla ricerca della nostra futura brum brum.

Io ero decisamente in ansia sulla questione da quando un tassista ci aveva detto che sotto i 7.000 euro non avremmo trovato nulla di decente. E il tassista ci aveva preso. La macchina più adatta, anche se non rossa, era una berlingo da 7.800€. Visto che però ci piaceva e che il venditore ci ispirava fiducia, abbiamo deciso di andare avanti e chiedere maggiori informazioni. Il venditore è il signor Jorge, originario di Alessandria, che interrompeva le dimostrazioni con aneddoti sul suo abuelo piemontese e che, una volta scoperto da dove venivamo, ci ha presi decisamente a cuore.

Nel suo ufficietto, il caro Jorge ci ha però spiegato che non avremmo potuto intestare a noi la macchina, perchè non abbiamo una residenza in Argentina, ostacolo aggirabile intestando la macchina alle cugine, sempre se fossero state d’accordo. Ma, soprattutto, una macchina comprata in Argentina non si può vendere all’estero. Neanche in Uruguay, figuriamoci in Messico (non siamo come voi in Europa, qui in America Latina!). Al che, vedendoci sbiancare, il gentile signore ci ha proposto di prendere la macchina, metterla su una nave da crociera, salire fino in Messico e fare il viaggio al contrario.

Nonostante l’argomento climatico (sarebbe un anno di estate. no stop.) ci abbia tentato per un attimo, ci siamo resi conto che non si può fare.

Per cui ora stiamo ri-progettando il viaggio con altri mezzi. Dobbiamo ammettere da una parte è liberatorio pensare di non doversi preoccupare di una macchina. Soprattutto quando hai appena scoperto dove si trova il motore (pensavo fosse sotto, invece è davanti, ora vorrei capire sotto cosa c’è). Dall’altra ora abbiamo un po’ di cose da ripensare e riorganizzare.

Ma andremo a Cuba! E non attraverseremo l’amazzonia e la Bolivia in macchina.
Morale della favola: gli imprevisti fanno perdere tempo e sono un po’ una menata, ma molto spesso alla fine è meglio così!

Ah, prossima parada: Uruguay! Consigli, contatti e l’indirizzo di Mujica sono i benvenuti! :)

 

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Churrascos alla Andrés Ruggeri

Eccoci alla nostra prima intervista cucinante, con Andrés Ruggeri, professore della Facultad Abierta di Buenos Aires e si occupa di fabbriche recuperate. Lui inizialmente pensava che noi avremmo cucinato per lui e quando ha capito che le cose stavano diversamente, ha proposto un piatto ‘basico pero muy Argentino': i churrascos con ensalada, che sarebbe in italiano, sottofiletto alla piastra con insalata.

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Here we are!

Well, the first thing we’ve discovered during this trip is that trying to record and edit a video with an iPad takes the patience of a saint, as our mom would say. But we did it… maybe. Take a look and go easy on us!

Between the tiredness and the jet-lag, coming up with something coherent seemed like an impossible feat, but we’ve decided that we’re not sleeping until we’ve written a post

Let’s start with the flight: 16 hours, crammed in like sardines, good movies, a couple of mishaps with spilled wine – we really liked the idea of free wine, too bad it tasted like two-buck chuck and therefore remained mostly in the glasses on the tray in front of us… before it ended up on our jeans. Both glasses. Both pairs of jeans. We’re really siblings.

The arrival in Buenos Aires went smoothly enough, except for the three customs checks and a moment of panic when my backpack and our aunt’s trolley wouldn’t show up. But then they materialized, and off we went looking for a taxi. Said taxi took us to the supercool flat where we’ll be staying for three weeks, thanks to our aunt’s generosity. It’s smack in the city center, between Plaza de Mayo and Plaza de la República, and as Pablo – the friend who opened the door and showed us around – told us, every demonstration passes right by here. Apart from the location, it’s huge and it’s probably going to be as luxurious as it gets for us for the next year.

During the rest of our first day, we discovered that:

1. grocery shopping is not particularly cheap, unless you’re willing to eat nothing but meat

2. this trip is bound to go well. Five minutes into our first stroll out and about, we found ourselves in an hippy arts & crafts market, sitting around a group of musicians called Pachamanca. The members, hailing from all over Latin America, performed their songs for us, offered us beer and asked a lot of questions about where we were from. Needless to stay, we would have stayed there forever. But Fate had other plans, as a text informed us that the Argentinian cousins were waiting for us at home…

Over a cup of tea, a bit of food and a lot of cigarettes, Adriana, Liliana and Franco told us about the situation in Argentina and expressed their misgivings about Cristina, the ‘Presidenta’. According to them, she’s allowing citizens to shun their responsibilities through a policy of indiscriminate subsidies in exchange for votes. After that, we moved on to family memories and migration stories – all of it mixing Spanish and Italian, on both sides. Adriana promised that we’ll cook something together before we leave Buenos Aires.

***Translated by Beatrice Gechele***