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Empanadas colombiane e vita comunitaria con Sorangi

Bueno… I propositi di ordine cronologico sono già sfumati, questo articolo parla del qui ed ora: Ecuador, comunità Shambalabamba e la storia di Sorangi, una dei residenti, che oltre a parlarci di lei ci ha insegnato la ricetta delle  sue deliziose empanadas colombiane.

Quando ho visto Sorangi per la prima volta era seduta nella Maloka, cucina comune e centro dell’ecovillaggio Shambalabamba, dove siamo giunti due settimane fa, quasi per caso e da dove non abbiamo molta voglia di andarcene. Stava dipingendo cartelli colorati per il festival che sarebbe cominciato di lì a poco. Leimage ho chiesto se voleva una mano, ma aveva quasi finito. Nei giorni successivi tra cucina, pittura e acquisti ho avuto l’occasione di passare un po’ do tempo con lei, ho scoperto che vive qui da un anno, che prima stava viaggiando e prima ancora insegnava all’università di Cali, in Colombia. Ho anche avuto la fortuna di partecipare ad uno dei suoi atelier di danza sperimentale e di condividere con lei dei bellissimi momenti di scambio tra donne, che qui chiamano circulos de mujeres.

Oggi è il compleanno di Adair, figlio di Adri, polacco tuttofare che  da diciotto anni attraversa il Sud America con tre figli al seguito e per la festa di stasera Sorangi sta cucinando empanadas colombianas. Sono fatte con image
pasta di mais e, non me ne vogliano gli argentini, ma sono le mie preferite, forse anche perchè mi ricordano il supermercato colombiano vicino alla mia casa a Bruxelles. Costavano un euro e sono stati ottimi spuntini in diversi momenti. Colgo l’occasione per proporle un’intervista ricettosa, su com’è arrivata qui e su cos’è cambiato nella sua vita da quando vive in una comunità, un esempio concreto di piccola società con regole diverse dal sistema dominante.

Sorride, accetta e inizia a raccontare.

Mi ritrovo in molte delle sue parole. Aveva una vita comoda a Cali, quando era professoressa e anche interessante, visto che tra le altre cose faceva laboratori di danza in zone di guerriglia. Ma ha deciso ad un momento di lasciare questa comodità e di iniziare a viaggiare. Ride, dicendomi che però non ha viaggiato così tanto, perchè dopo Quito, Cuenca e Loja si è fermata qui, dove vive da un anno e qualche mese.

Fermarsi qui non era previsto, mi racconta che aveva amici che vivevano in altre comunità, ma che lei non pensava assolutamente di essere pronta a fare una scelta simile, che si è avvicinata gradualmente a questo posto e che dopo 20 giorni vivendo a

imageVilcabamba, ma non a Shambalabamba, ha deciso di entrare nella comunità come volontaria. Nel giro di due giorni si è innamorata di una persona, oltre che di questo posto ‘qui si possono imparare tantissime cose’, tra atelier gratuiti di yoga, circo, danza, giocoleria oltre al lavoro di biocostruzione e nell’orto. ‘Da quando sono qui mi sento più libera, mi conosco meglio e conosco meglio la mia identità di donna’, anche le relazioni sono diverse qui: ‘più intense, si condivide molto e ci sono molte persone diverse con diversi modi e storie di vita, il che a volte è un po’ faticoso, ma allo stesso tempo molto stimolante’. In effetti c’è una bellissima combinazione di persone con provenienze e percorsi diversi, accomunate da un’energia molto postiva e una gran voglia di fare, condividere e stare bene con sè stessi e con gli altri. ‘Anche il concetto di proprietà cambia e condividere diventa la regola’.

Anche se la sua storia d’amore è finita, ormai Shambalabamba è la sua casa. Ha ancora voglia di viaggiare, ma è qui che tornerà. Quello che è rilassante e che secondo me è un gran punto di forza di questa ecoaldea è un buon equilibrio tra spazi privati e spazi comuni. La mattina si lavora tutti per la comunità tra orto, biocostruzioni e pulizie e cucina, dopodichè si mangia tutti insieme alla

imageMaloka, il pomeriggio è libero, chi vuole partecipa o propone atelier e la cena può essere nella cucina comune ognuno a casa sua. Le regole sono poche, molto si basa su cosa le persone vogliono fare per gli altri e i principi sono semplici, armonia, unità ed integrità personale. Tutte le domeniche i residenti si ritrovano a casa di qualcuno e discutono i compiti della settimana successiva.

Quando le chiedo le cose più belle e quelle più difficili di questo diverso modo di vivere Sorangi risponde che ci sono momenti in cui si sta in perfetta armonia con gli altri ed è bellissimo lo scambio, il continuare a conoscersi e a stupirsi di quello che si sa e si può imparare a fare. Lo stare bene fa sì che si è più aperti e disponibili con gli altri. Allo stesso tempo a volte l’individualismo che a volte emerge nella mancanza di rispetto degli spazi comuni o di condivisione, sono le cose che la mettono più in difficoltà. Ma sono momenti. E le stesse persone con cui ci sono frizioni sono le stesse con cui poi ci si aiuta, ci si ascolta e si rimette tutto a posto. Penso agli anni di coinquilinaggio e sorrido ricordando il bello e il brutto di condividere spazi di vita con altre persone.

La libertà, la maggiore apertura, e la possibiltà di arricchirsi ogni giorno con nuove esperienze sono i motivi per cui Sorangi, nonostante il fatto di dover reinventare un modo per guadagnarsi da vivere, ha deciso di vivere in questo ‘alegre nuevo mundo‘. Come non capirla? Con le sue colline verdi verdi, il fiume, la laguna, le persone incredibili che lo popolano, i bambini che corrono e saltano liberi e che imparano la vita nell’escuelita è uno dei posti che più si avvicina a quello che vorrei per la mia vita.

Vado, ora, che sono curiosa di sentire che cosa sta cantando Romain nella sala di registrazione, ma non prima di lasciarvi la ricetta delle empanadas di Sorangi.

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Ingredienti:

Impasto: Mais bianco, sale, acqua tiepida, aglio, olio di semi e curcuma (per il colore)

Ripieno: il classico è con patate e pollo, ma visto che qui non si mangia carne ci abbiamo messo cipolle, coste e formaggio. Non ci sono dosi perchè si cucinava per 30… Ma se mi scrivete le possiamo tirare fuori!

imageProcedimento: far bollire il mais e macinarlo (credo che tutto ciò si possa sostituire con farina di mais…) impastare, insieme ad aglio sale, olio e la curcuma per dare colore. A lato si prepara il ripieno, saltando le verdure (dopo aver fatto bollire le coste) e grattando il formaggio. Quando l’impasto è pronto si forma un disco (per appiattirlo Sorangi l’ha messo in un sacchetto) e si mette un cucchiaio di ripieno si richiude e con una tazza o qualcosa di simile si taglia una mezzaluna. In Colombia si friggono, ma noi le abbiamo fatte al forno che sono più sane e molto molto buone!

Per accompagnarle si fa un salsa con avocado, pomodori, limone, coriandolo, sale e peperoncino, si taglia tutto molto fine. Si mescola con succo di limone (niente olio!), si mischia e si assapora.

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