Category Archives: Esperienze

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La mia Guru

In questo bellissimo turbine che è diventato la vita della Nave, spesso torna la parola Guru. Il che mi ha portato a riflettere su chi siano i miei Guru, ovvero i miei modelli ispiratori.

La risposta è stata sorprendente.

In giro per il mondo, ho avuto la fortuna di incontrare una miriade di persone, che per un motivo o per l’altro mi hanno ispirato, ma a volte c’era un distacco tra parola e azione che mi faceva pensare che qualcosa, nel mio modo di vivere, avrei voluto fare diversamente.  Anche perché i miei amici Tolteca in questo senso non lasciano spazio al dubbio: ‘Sii impeccabile con le tue parole!’. Non si può predicare bene e razzolare male, se si vuole che i pignolini come me ti prendano sul serio. Soprattutto se ti comporti male con gli altri.

Il mio Guru, anzi, la mia Guru, l’avevo incontrata molti anni prima, proprio qui, a Verrua. Ha sempre suscitato una grande ammirazione in me. Non stava mai ferma, a casa sua c’era sempre da mangiare, da bere, da correre nei prati, movimento, energia. Io all’epoca ero una ragazzina di città appena sbarcata in campagna, stavo molto bene di fronte ad un libro, anche nel cortile delle case FIAT dov’ero cresciuta, ma c’erano tante cose che non sapevo e avevo paura di fare, soprattutto nei posti e con le persone nuove. Avevo paura addirittura di prendere qualcosa per qualcuno in una stanza in cui non ero mai entrata… Mi capitava di non saper neanche accettare un panino se avevo fame, perché la mia nonna diceva sempre che bisognava dire di no. E la mia Guru allora mi diceva, ‘OK, se non hai fame non importa!’. Io allora mi torturavo, fino a quando non ammettevo che forse, sì in effetti avevo un po’ di fame… Una volta ricordo che ho aspettato troppo e tutti avevano già mangiato tutto. Da quella volta ho deciso che quella regola lì non mi avrebbe portato a nulla di buono. Continue reading

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Colombia mon amour

È notte, siamo a Cartagena e domani mattina lasceremo la Colombia per l’ultima tappa, Cancun, Messico.

Dopo questi tre mesi, a dir poco intensi, ce ne andiamo con profonda gratitudine e un pizzico di malinconia. Non c’è dubbio che ci mancherà questa Colombia, che ci ha accolti come nessun altro luogo e che è stata scenario di un momento importantissimo di apprendimento, crescita, in cui abbiamo messo delle solide basi per quello che succederà al ritorno.

Siamo stati conquistati dai suoi abitanti che hanno smentito l’immagine riduttiva e distorta che ne danno i media, di un paese insicuro caratterizzato da guerriglia, rapimenti e traffico di droga. Ebbene, è un fatto che la guerra civile sia parte della realtà di questo paese da cinquant’anni, come è un fatto che quello colombiano, nonostante questo, sia uno dei popoli più genuini, aperti e gentili che abbiamo incontrato.

La Colombia è la casa che tutti vorrebbero avere, dove quando chiedi un’indicazione, due volte su tre le persone non si limitano a darti una spiegazione, ma ti accompagnano direttamente, e magari, come è successo a Marco a Bogotà, alla fine ti offrono pure una birra. È un posto in cui mentre cammini di notte alla ricerca di un ostello puoi essere chiamato da due ragazzi in un bar per offrirti l’ultima salchipapa invenduta prima della chiusura e mentre mangi chiacchierando ti ritrovi con un invito a dormire a casa loro. È un posto dove affitti una stanza per cinque giorni e ti ritrovi accolta da una splendida coppia di pittori, che poi t’invita nella sua casa in un paradiso naturale a San Rafael. Continue reading

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Kapak Raymi, solstizio d’inverno con i Saraguro


Prima porta.
Il sole brucia la nostra pelle, la sabbia scotta sotto i nostri piedi martoriati dalle pietre e dalle spine di cactus, mentre il kapak par 1diavolo ci incita a non fermarci e continuare a danzare. “cosa siete  venuti a fare qui??”. Abbiamo già bevuto il primo bicchiere di San Pedro. Qualcuno ha già vomitato. Gli uomini e le donne ballano, s’incrociano, vanno ai quattro lati del cerchio a prendere l’energia della Pachamama. Noi, in mezzo a loro, provati, ma si continua ad andare avanti.  I tamburi scandiscono il ritmo della danza.

El camino de la colebra ya no tiene paso atras, adelante, adelante hay que andar. 

Verso la fine il dolore comincia a diventare relativo. L’abbiamo superato. Dopo un tempo incalcolabile la musica smette e crolliamo al suolo. La donna  che guida il nostro gruppo piange sorridendo, l’abbraccio, piango un po’ anch’io, è un pianto liberatorio, della fatica di essere donna. Il ballo ha reso bene l’idea, si cammina, si va avanti e si deve essere belle allo stesso tempo. E mentre lo facciamo non riusciamo ad evitare di prenderci sempre cura di qualcuno. Di dare 10924678_335835949958593_1950006387433171482_namore e  vita. Sono tante cose tutte insieme. La leader delle donne mi racconta anche che la figura del diavolo per loro non è negativa, ma è vista come una parte del tutto, con un ruolo molto importante. Il termine diavolo è un frutto del sincretismo, nella tradizione precolombiana si parlava di Haya, che incarna la forza e il potere tanto positivo come negativo della natura, che ha un ruolo di guida e consigliere per la comunità. Continue reading

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Orlando, il guardiano della giungla

A Huanchaco, paradiso dei surfisti nella costa nord del Perù, io, Marco e Tomás abbiamo deciso che volevamo vedere la selva, prima di andare in Ecuador. Un volontariato sarebbe stato l’ideale. Guardando la mappa, abbiamo visto che la città più vicina, ai margini della giungla, era Tarapoto. La combinazione “volontariato Tarapoto” su Google ci ha mostrato un risultato interessante: un centro di reinserzione di fauna silvestre, due ore a piedi dal primo centro abitato. Il progetto Cerelias. Vediamo foto di scimmiette, bradipi e altri animaletti strani e cinque minuti dopo sto scrivendo una mail.

Il giorno seguente arriva la risposta, positiva, e in meno di una settimana siamo per strada. Tarapoto ci accoglie con un forte caldo umido, che apprezziamo molto e con orde di mototaxi. Praticamente le macchine non esistono, il che è molto pittoresco e altrettanto rumoroso.

Incontriamo Enith, che si occupa di contattare e seguire i volontari. Ci mettiamo d’accordo per partire la mattina dopo, con i viveri per noi e per gli animali. Alle nove del giorno dopo siamo alle porte della Cordillera Escalera, dove presentiamo l’autorizzazione che ci ha dato Enith, ma non sembra sufficiente. I due uomini all’ingresso dicono che ci vuole la risoluzione e che solo con l’autorizzazione non possiamo entrare. Tentiamo di fargli capire che non sappiamo nulla e che ci stanno aspettando su, fino a quando non emerge che la soluzione è pagare 10 soles a testa. Così facciamo e iniziamo il cammino, dietro a due uomini che caricano i viveri. Dopo pochi minuti ci rendiamo conto che è stata un’ottima idea aver lasciato gli zaini grandi in città, ci
ritroviamo ad attraversare lo stesso fiume molte volte, saltando di pietra in pietra o con i piedi nell’acqua in alcuni casi.
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Quello che non è fiume è un sentiero che sale e scende con pietre, radici, foglie umide e fango. Inutile dire che al secondo attraversamento di fiume cado rovinosamente nell’acqua e le due ore successive le passo con il terrore di scivolare, cadere, in pieno conflitto con la Pachamama. Marco nel frattempo è euforico perchè si ricorda delle estati passate in montagna e Tomás passa il tempo alla ricerca di rane e insetti da fotografare. Il mio dramma esistenziale passa quasi sotto silenzio, fino a quando non vengo seminata all’ennesimo attraversamento di fiume, che passo con i miei tempi, non so dove andare, penso che morirò, indignata per l’abbandono. Poi torna Marco, lo insulto e ritroviamo la strada. Ci vorrà qualche giorno perchè capisca che ho seriamente bisogno di un po’di assistenza nel saliscendi. Il cammino continua tortuoso, manco a dirlo, inizia a piovere, i due caricatori ci dicono di aumentare il passo perchè con la pioggia il fiume rischia di non essere più attraversabile. Arrancando, fradici, arriviamo al centro.

IMG_8611Ci accoglie Cusho, la scimmia sentinella, cleptomane, scopriremo qualche giorno dopo. Intorno a noi sette scimmie sono legate con lunghi cavi agli alberi intorno ad un recinto dove si trova la capanna dove vive Orlando, cuore pulsante del progetto Cerelias.

Tutte sono nate in cattività e si stanno abituando a vivere nel loro habitat naturale. Quando saranno pronte, saranno liberate, come gli
DSC_0159 800 animali che Orlando ha reintrodotto negli ultimi anni in questa riserva naturale. Popolano il centro altre due scimmie in libertà, Yura Nono, cucciolo di scimmia bianca e Martina, maqui sapa, che vive qui da poco più di un mese. Ci sediamo per mangiare e conosciamo Nico.

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La Nicoloca, come la chiama Orlando. È un animale di cui ignoravamo l’esistenza, si chiama quatí, un misto tra un procione e un formichiere, marrone, con un lungo naso sempre impegnato ad annusare l’aria alla ricerca di insetti, vermi e altre delizie. I lunghi canini e le unghie affilate fanno sì che questo animale susciti un certo timore, soprattutto quando decide di salirti in braccio e di annusare ogni tuo orifizio o quando sente il suo territorio minacciato. Ovvero sempre, visto che il suo territorio coincide con il nostro spazio di lavoro. Per cui camminare dove lei fa buchi, toccare la legna (indispensabile per il fuoco che alimenta la cucina) e scavare sono azioni pericolose che in più occasioni ci hanno fatto conoscere da vicino le parti affilate del suo corpo. L’attacco viene solitamente preceduto da un suono acuto tipo ‘hiiii’, ma spesso la sua velocità non permette reazioni di sorta.

Altri animali che popolano la riserva sono le tartarughe di terra e IMG_8931sette piccole scimmiette dalla coda lunga che vivono libere, ma tornano per dormire e mangiare. Noi li conosciamo come ‘pereques’ e ci abituiamo all’urlo rauco di Orlando che li chiama quando è ora di mangiare. Altri frequentatori occasionali sono un branco di cinghiali, con tanto di cinghialetto cucciolo. ‘Sapete quanto ci vuole normalmente per vedere dei cinghiali qui?’ -ci dirà Orlando- ‘Cinque giorni di camminata e molta fortuna. Ma questo branco mi conosce e si fida.’. È IMG_8892un lungo lavoro costruire la fiducia con gli animali, in particolare con quelli selvatici che ci sono qui. I cinghiali sono stati introdotti da lui, ma la differenza rispetto ad altri centri è che qui sono liberi e non in gabbia, così possono imparare a nutrirsi della frutta presente nella zona e ad integrarsi davvero nel loro habitat. Questo ha ricadute positive sull’ecosistema, sulla loro salute e anche sulla sostenibilità del progetto. Il cibo che dà loro Orlando integra la loro dieta, ma a volte passano giorni senza che si presentino, il che segna il successo del progetto e incide positivamente sulle spese.

Nei giorni successivi scopriremo l’origine del progetto: la zona dove ci troviamo era un paradiso naturale, popolato da ogni genere di animale e pianta. Ma l’uomo e la sua avidità l’hanno ridotto ad un oceano verde, dove si incontrano piante, insetti, anfibi e poco più. È iniziato tutto con la caccia, che ha decimato le scimmie presenti nell’area, il resto lo ha fatto la piantagione di coca e il laboratorio per elaborare cocaina che sono durati fino a quando non è intervenuta la DEA, che se da un lato ha liberato la zona dalla coltivazione, dall’altro l’ha riempita di diserbante. Per questo, gli alberi qui hanno una media di trent’anni di vita. Orlando dedica tutte le sue energie, ogni giorno, a
restituire questo luogo alla natura, aiutando a ricostruire gli equilibri presenti in passato.

È impossibile non essere ammirati dalla forza di volontà e dalla dedizione di quest’uomo che vive in una tenda dentro l’unica stanza chiusa, condivisa con i viveri e la gabbia di Nico. Sessant’anni un’energia invidiabile e alle spalle una vita incredibile, in cui ha fatto 10178142_290239177851604_117559202126592802_npesca d’altura, ha vissuto con degli indigeni nella selva, ha conosciuto da vicino i Senderos, gruppo marxista del Perù. Il filo conduttore di queste esperienze, tanto diverse è il fatto che Orlando ha sempre cercato di migliorare le realtà che incontrava. Un innovatore ed una persona estremamente generosa, che ci ha insegnato ad essere creatori attivi del mondo che vogliamo. Tutte le sue azioni sono volte al benessere degli animali e a mantenere la zona incontaminata.

La sua giornata inizia all’alba per dare da mangiare agli animali, che vengono nutriti cinque volte al giorno e finisce verso l’una, quando va
a perlustrare la zona, per accertarsi che il puma che vive nell’area non minacci i suoi animali. Più volte è stato morso da scimmie e cinghiali, questo fa parte del mestiere quando si lavora con fauna silvestre, ma non può rallentare il ritmo di lavoro, perché il suo ruolo è impossibile da sostituire. Ci vorrebbe qualcuno che lo affianchi, concordiamo, ma il centro al momento manca di 10460206_290238617851660_8953748854161245495_ninfrastrutture, come la protezione dell’area dove si cucina, bersaglio di continue marachelle delle scimmie in libertà, per non parlare dell’assenza di acqua corrente e gas. Anche se in teoria i fondi stanziati dovrebbero permettere condizioni di vita e di lavoro meno estreme, questa è la realtà attuale e un grande apporto al progetto arriva dai volontari, che contribuiscono, oltre che con forza lavoro, comprando il cibo che viene condiviso con gli animali.

Le due settimane che passiamo a Tarapoto sono una grande prova di vita, in questo volontariato, che per usare le parole di Marco “ha ridefinito il nostro concetto di spartano”. A parte l’assenza di elettricità e acqua corrente, almeno un centinaio d’insetti hanno potuto assaggiare il mio sangue originando strane reazioni nelle mie gambe che si sono gonfiate e sembravano quelle di una vecchia lebbrosa. Questa esperienza mi ha insegnato che nella giungla pantaloni lunghi e maniche lunghe sono DSC_0031d’obbligo se si vuole sopravvivere incolumi. Oltre  a questo Carolina, scimmia psycho, complice la mia sottovalutazione del pericolo, ha assaggiato il mio pollice, che ora sfoggia una simpatica cicatrice. È molto bello, ora poter dire con noncuranza: ‘no, non è niente, è che nella giungla del Perù mi ha morso una scimmia..’. Però sul momento non è stato facilissimo. Nonostante questo, il rapporto con gli animali e con una scimmietta in particolare, Giacinto, mi hijito, oltre al fatto di essere testimone di un progetto così bello hanno ampiamente compensato la fatica iniziale.

Vi lasciamo con qualche foto del posto e dei suoi animali, oltre che con le coordinate del progetto, nel caso in cui, passando per il nord del Perù, non abbiate voglia di spendere un po’ di tempo in un posto incredibile.

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Alimentazione naturale nel Valle Sagrado
Siamo a Pisac, un paesino che si trova sulle sponde del fiume Urubamba Valle Sagrado, non lontano da Cusco, tra monti terrazzati e rovine Inka. Un luogo molto amato da europei e americani, gringos c mercatocome li chiamano qua, attratti, oltre che dal paradiso naturale e storico rappresentato dalla valle, anche da esperienze mistiche con piante allucinogene come ayahuaska e san pedro. Alcuni di loro  hanno deciso di stabilirsi, attratti dal clima, dal paesaggio e dai prezzi abbordabili. Come potrete immaginare, qui abbondano negozi di cibi sani e naturali, di solito rivolti ai turisti e ai gringos che vivono qui, come si capisce immediatamente dai prezzi.
DSC_0879Nella panetteria Zeu Zé si trovano pani integrali aromatizzati al rosmarino, all’arancia, al cacao, con cipolla e formaggio e olive, ma anche pani senza glutine, biscotti e altri dolci naturali. I prezzi però non sono da boutique, ma sono decisamente abbordabili. E non è un caso, come capiamo molto in fretta.

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