Castello_Pianura_2

Un anno. E un cerchio che si chiude…

Sono due giorni che ci sto provando. È passato un anno, ho un sacco di progetti per il ritorno, devo scrivere! Devo comunicarlo!

Succede, però che si tratta di comunicare un cambiamento profondo, fatto di tanti piccoli momenti, che è direttamente collegato con il cosa fare al ritorno. Succede che la mia vita si è trasformata in una successione di incontri bellissimi e determinanti, di rivelazioni, di coincidenze. Tante cose che mi fanno sentire come se l’universo stia complottando al mio fianco. Sono tante cose e ho un po’ paura di non riuscire a farvele sentire tutte.

Ma adesso ci proviamo.

Oggi è un anno che siamo in questo continente, alla ricerca di risposte e ispirazioni.

Il sette marzo 2014 sbarcavano a Buenos Aires due fratelli. Irene, la pianificatrice, che aveva fatto un bel po’ di rumore intorno al suo progetto, felice della scelta compiuta, ma altrettanto preoccupata di non deludere, di tener fede agli impegni presi, il blog, le interviste, i contatti… Lo spagnolo che parlucchiava, ma che ancora non padroneggiava, i tanti alleati che l’aiutavano da lontano e da vicino. E Marco, il fratellino sognatore e un po’ sconclusionato, presente, ma allo stesso tempo nel suo mondo.

Eccoci qua, così giovani e così diversi! Ricordo il primo periodo come un bombardamento di informazioni, contatti, interviste… Il movimento delle imprese recuperate, l’intervista ad Andrés Ruggeri, ad Ernesto del Chilavert, a Pablo Guerra, a Ricardo Orzi, alla potentissima Anna del Valle, tra le mura del Bauen… I primi incontri con viaggiatori, il supporto a distanza di Marco che mi passava i contatti da Bogotà. Un altro Marco che ci aiutava dall’Italia condividendo i nostri articoli su comune-info… L’Uruguay e Cabo Polonio e la discesa al Sud in Patagonia e nella comunità Mapuche di Mauro Millan. Le radio comunitarie… Neuquen e i mille asados con Carlos e Alicia, e poi il Cile. Registrare, scrivere, fotografare, montare video… Sono stati mesi intensi e un po’ difficili i primi, mi mancavano gli amici, una dimensione mia e allo stesso tempo si ricostruiva il rapporto con Marco, conflittuale a volte, perché il progetto era più mio che suo e c’era sempre da tirarlo dentro. Piano piano le cose sono cambiate e da osservatori e ascoltatori di esperienze di altri ci siamo trasformati in attori protagonisti del viaggio e delle nostre vite. Abbiamo iniziato a godere con più rilassatezza dei paesaggi, degli incontri, abbiamo incontrato compagni di viaggio, Tomas, Majo, Maxi e molti altri. Abbiamo smesso di pianificare. E la vita ci ha regalato grandi insegnamenti.

Alcuni di questi, alla rinfusa, li vorrei condividere con voi che avete accompagnato questo lungo percorso.

Il primo, fondamentale, riguarda il tempo. La cosa più importante di tutte è che in questo anno ci siamo ripresi il tempo a abbiamo imparato a viverlo pienamente. Il tempo di ascoltare, di condividere, di accendere un fuoco, di sentire. Mi ricordo che quando ero piccola il mio papà mi diceva spesso che fino alla fine della sua adolescenza il tempo gli sembrava scorrere lentissimo, ma poi quando è iniziata la sua vita adulta con il lavoro, la famiglia, gli impegni, gli sembra che tutto abbia iniziato a correre e scivolargli via tra le mani. Quante volte ci ritroviamo a dire ‘vorrei ma non ho tempo’?. Riprendersi il tempo è bellissimo. E si può fare, basta sceglierlo. Una volta che ti riprendi il tempo arrivano un sacco di cose, senza bisogno di fare nulla, basta solo coglierle.

Un’altra cosa che ho imparato nel viaggio è stata chiudere con il senso di colpa e con il caricarmi sulle spalle le aspettative altrui. Nella mia vita ho sempre cercato di fare bene e di non deludere gli altri. E non penso che questo sia una cosa negativa in sé, ma penso che sia molto meglio fare bene per non deludermi, per essere coerente con la persona che voglio essere. Il risultato alla fine non cambia moltissimo, quello che cambia è che si vive molto più leggeri.

Il viaggio mi ha anche insegnato l’amore, di cui dobbiamo essere i primi destinatari, dobbiamo amarci molto perdonarci e perdonare, ce se no poi ci ammaliamo e non siamo più felici. Mi ha insegnato ad amare senza caricare il destinatario delle nostre aspettative, ma lasciando che l’altro sia pienamente, che si tratti di un fratello, di un gatto, di un amico o di un compagno. Questo, chiaro, senza smettere mai di comunicare il nostro stato d’animo e chiedendo aiuto, quando necessario. L’amore per me è la chiave di tutto, di una sana comunicazione e di sane azioni. Ho imparato che quando arriva l’amore se ne va il giudizio e che qualunque espressione di vita merita amore, perché todos somos familia. Ho imparato che alla fine perché un progetto funzioni sul serio, dev’essere profondamente basato sull’amore, sull’ascolto e su relazioni sane. È una sfida grande in cui non si smette mai di imparare, ma è fondamentale per costruire qualcosa che duri nel tempo.

Quando ero a Vilcabamba, in Ecuador, ho imparato l’essere giovane. Me l’ha insegnato Mowfoofoo, il fondatore di Shambhalabamba, settant’anni e ti parla di tutto quello che vorrebbe fare. È un uomo pieno di sogni, un clown naturale, una grande persona. Ascoltandolo ho capito che la differenza fondamentale tra un giovane e un vecchio è che il giovane guarda avanti e il vecchio guarda indietro. Quindi, si può essere giovani per tutta la vita. Ed è ridicolo che a trent’anni uno si senta vecchio, ci fanno sentire vecchi e inadeguati per piegarci, per imporci di consumare cose di cui non abbiamo bisogno, ma sta a noi scegliere di liberarci da questo stupido giochetto.

Un’altra cosa importantissima che ho imparato riguarda i soldi. Me l’hanno insegnata moltissime persone cha abbiamo incontrato, dai viaggiatori che vivono alla giornata tra musica, arte di strada e artigianato e Fiore, donna splendida che sta crescendo suo figlio in una comunità in mezzo alla natura, vive in un tepee, fa corsi di clown e mi raccontava che non possiede nulla, ma è felice e non ha paura. E Margara, pittrice, che mi diceva che i soldi non sono un obiettivo, ma un flusso che ti permette di fare cose, che una volta che uno lo capisce si libera e diventa padrone della sua vita. Ho visto con i miei occhi che chi vive con meno vive meglio e che la volontà sviluppa capacità che neanche sogniamo e che come dice Proudhon ‘non ci sono ostacoli troppo grandi, solo motivazioni troppo piccole’.

Forse, la trasformazione più bella che ho sperimentato nel viaggio e che non voglio più rompere è stata una profonda riconnessione con la natura. Sono nata in città e quando avevo dieci anni la mia famiglia si è trasferita in campagna. Io con loro, ma ripromettendomi di tornare in città appena possibile. Così è stato. Ho amato molte città: Torino su tutte, Parigi, Bruxelles, Istanbul e molte altre. Amavo il mare, ma la montagna mi sembrava così faticosa e così spaventosa… Non mi piaceva il freddo, la scomodità… Immaginavo che avrei sempre vissuto in città. E poi c’è stata l’America Latina. Con le Ande, con paesaggi che solo guardandoli ti danno pace, con la selva che è vita allo stato puro, con una cultura che è un’inno alla natura, che non è altro che amore e abbondanza. Vivere in tenda, bere l’acqua del fiume, guardare le stelle. La natura ti insegna la generosità. Di un albero carico di frutti, di colori, suoni e forme. Ti insegna che siamo piccoli e solo una delle innumerevoli sue manifestazioni… e che quindi forse è il caso di non prenderci troppo sul serio. Osservando la natura e i quattro elementi ho capito molte cose, su di me e sul mondo. E ho scoperto che tutto è già di fronte ai nostri occhi, solo che a volte siamo troppo distratti per saper guardare. Ma per fortuna, non è mai troppo tardi per incominciare.

Un’altra cosa che ho capito riguarda la limitatezza dell’approccio razionale, quando lo sleghiamo dalla parte intuitiva, del sentire. Entrambe le cose sono importanti e nessuna delle due ha senso da sola. La ragione senza sentimento può arrivare a giustificare cose che non fanno bene, guerre, conflitti, profitti, ci porta ad essere strateghi nei rapporti umani e tra gruppi, crea inutili ostacoli al cambiamento. Il sentimento e l’intuito senza ragione ci possono rendere manipolabili, ci possono far credere in cose altrettanto pericolose. In America Latina l’intuito e il sentimento prevalgono spesso sulla ragione. Il bello di essere Europea qui è che si può trovare un equilibrio in questo contaminarsi di visioni del mondo. In Europa la ragione ha vinto tutto. Io credo che sia stata una difesa, legittima, nei confronti dello strapotere della Chiesa, ma ora che non siamo più nel Medio Evo, forse è tempo di riconnetterci un po’ con il nostro sentire e il nostro intuito che hanno molte risposte che la ragione, sola non può darci.

La mia riconnessione con la natura è passata anche per riti e cerimonie ancestrali che io consiglio a tutti e che hanno aperto in me una parte spirituale di cui non sospettavo l’esistenza. Questo, ancora una volta si collega all’amore. Nella selva peruana mi è stata offerta l’ayahuasca e mi si è aperto un mondo. Ho sentito con forza che siamo tutti interconnessi e che la forza predominante dell’universo è amore e vita. Ad un certo punto ho vissuto una sorta di esperienza extracorporale e ho sentito il mondo respirare dentro di me e intorno a me. Mi è giunto il pensiero che se questa è la morte non abbiamo nulla da temere. Così, mi è passata la paura più primordiale, che da piccola mi toglieva il sonno. La morte è un passaggio, ed è inevitabile e ho l’impressione che sarà un passaggio molto interessante, mi sembra che ci dobbiamo liberare di questa paura per vivere bene e degnamente il tempo che passiamo sulla terra.

Chiudo il capitolo insegnamenti con la forza dell’esempio. Le persone che più mi hanno colpito sono quelle che vivono in modo coerente con le loro parole. È così che voglio essere anch’io. Le parole, sole, per me non sono abbastanza. I gruppi che parlano di amore e di cambiare il mondo ma che sono composti da persone che si trattano male e che sono infelici non possono portare a cambiamenti duraturi. Se vogliamo cambiare il mondo primo lavoro lo dobbiamo fare per essere persone migliori. E io, sì, voglio cambiare il mondo. Non dall’oggi al domani e non certo da sola. Ma il viaggio è stato così generoso che mi ha dato una risposta anche per questo.

Viaggiando di luogo in luogo, ascoltando storie, cercavo sempre di trovare risposte su cosa fare al ritorno, che mi permettesse di sussistere, viaggiare, essere felice e coerente. Dopo tanto cercare, in Colombia sono arrivate le risposte. È iniziato tutto al Llamado de La Montaña, un incontro di ecovillaggi, dove abbiamo scoperto che di lì a poco sarebbe iniziato un corso di disegno di permacultura… Dopo aver parlato con gli organizzatori, abbiamo deciso di partecipare. Io ammetto che non avevo le idee molto chiare su cosa fosse la permacultura, pensavo che fosse una tecnica di coltivazione, che c’entrasse un po’ con la biocostruzione, ma che io, politologa non c’entrassi molto in tutto ciò. Sono arrivata a Terrazas de la Miel tre giorni prima dell’inizio del corso. Non era un ecovillaggio, ma semplicemente una casa, dove fino a pochi mesi fa viveva Clara, la mamma di Julian, che studiava disegno industriale in Argentina. Un anno fa Julian partecipa ad un corso di permacultura e decide di lasciare tutto per tornare nella casa della famiglia e iniziare il suo progetto. Non ricordo bene il momento, ma so che ad un certo punto, guardandomi intorno, ho capito che io ho già tutto quello che serve per iniziare un progetto simile. I miei genitori vivono in campagna, c’è spazio, c’è terra e si possono fare moltissime cose! Quando ne ho parlato con Marco, si è unito entusiasta al progetto proponendo un sacco di cose, perché questa cosa lui l’avrebbe fatta a Florianopolis, in Brasile, ma farlo nella tua di terra, con le tue persone intorno è indubbiamente meglio.

Il corso mi ha dato idee, strumenti, compagni di viaggio con cui si è creato un rapporto che non si scioglierà tanto facilmente. Questo grazie al fatto, che come dice Tierra, il nostro formatore, o capitan, stiamo partecipando alla ristrutturazione planetaria più grande della storia dell’umanità. Di che si tratta? Di cambiare stile di vita, basandosi su una riconnessione profonda con la natura, con gli animali e con le persone, cercando tecnologie appropriate per favorire un basso impatto ambientale e favorendo indipendenza energetica; di redisegnare il nostro ecosistema trasformandolo in un sistema di abbondanza, con massimo rendimento e minimo mantenimento per noi, ma soprattutto per le generazioni a venire. Si tratta di una transizione generazionale, per cui possiamo rilassarci, noi siamo i pionieri, facciamo quello che possiamo, chi lo sa se saremo testimoni di un cambio a grande scala. Alla fine non è così importante. L’importante è mettercela tutta, fare bene e riprenderci in mano la capacità di sognare. Tutto questo già esiste, è già iniziato, in tutto il mondo.

Al ritorno sono disponibile a raccontare tutti i dettagli e vi inviterò a vedere e contribuire alla costruzione di questo sogno, che sarà molto articolato e che avrà bisogno di tanta energia e creatività. Un punto chiave è il passaggio da una visione competitiva e di scarsità ad una cooperativa e di abbondanza. Dobbiamo creare abbondanza e c’è tutto un mondo da cambiare, per cui tutti sono benvenuti a partecipare o a creare nuovi progetti con la stessa filosofia, con cui si possa cooperare e crescere insieme. Sono sicura che già molto esiste, ma la strada da fare è ancora molto lunga. Non mi darò per vinta fino a quando non vedrò tetti verdi, orti e giardini in tutte le vie di Torino. E fino a quando non avrò trasformato il mio spazio in un posto bello, accogliente, di abbondanza, dove si impara e si insegna un mondo nuovo e da dove partono migliaia di nuovi progetti e idee.

Vi dicevo che l’universo cospira al nostro fianco. Infatti si è liberata giusto in tempo la casa dei vicini dei miei genitori. Quindi abbiamo già una casa, vuota che ci aspetta, da riempire di persone e idee.

Abbiamo già un po’ di aspiranti volontari e abbiamo anche il primo corso di disegno di spazi permaculturali. Tierra verrà in Italia ad agosto!!! Quando ci ha fatto la proposta non ci potevo credere. Ma tant’è. Questo corso è una delle esperienze più belle che abbia vissuto e lo stesso vale per tutte le persone che hanno partecipato con noi. Per cui, tutti invitati. Ci sarà una parte di biocostruzione, di introduzione alla permacultura, di preparazione del terreno e di disegno dello spazio. Ma la parte più importante è quella in cui ognuno avrà il tempo di coltivare il proprio sogno individuale.

Le date sono 22 – 31 agosto.

I dettagli li vedremo in seguito.

Io e Marco saremo in Italia a giugno, non c’è ancora una data perché l’idea è di tornare in barca…

Da giugno ad agosto saremo impegnatissimi a costruire uno spazio e un sogno con tutti coloro che vogliono unirsi.

Grazie per esserci stati e per esserci, ora si comincia sul serio…

Vamos la nave!

3 thoughts on “Un anno. E un cerchio che si chiude…”

  1. Cara Irene,

    grazie mille. Grazie davvero. Questo articolo mi ha commosso, non è retorica, non è “tanto per dire”….ogni paragrafo, ogni parola che prendevi in esame, soldi, amore, superare i limiti….concordo su tutto, per usare la bellissima espressione che usano qui “coincido contigo” :-) 100%
    Credo che una delle frasi più belle e importanti sia “passare da una visione basata sulla scarsità e competitività a una basata sulla cooperazione e l’abbondanza”…sono parole fantastiche e vere, più ci apriamo, condividiamo, più vediamo l’altro come un alleato e non come un nemico, un competitore, qualcuno che ci può “togliere qualcosa” allora si che, come dici tu, l’universo inizia a “cospirare” a nostro favore.
    Se esiste la scarsità esiste solo nella nostra mente.
    Ancora grazie e tanta buona energia, stiamo in contatto. Ti abbraccio.
    Elvio

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