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il mercato di Sucre

sucreIrene: Sucre è la città che più mi è piaciuta in Bolivia, il nome fa pensare al colore,  infatti il centro storico è tutto bianco. E poi c’è il mercato, enorme, quasi un mondo a sé. La prima volta che ci sono stata era mattina, Marco incredibilmente stava ancora dormendo, come anche Tomas.

Io ed Everton, più mattinieri, decidiamo di andare al mercato a comprare qualcosa per la colazione. Entriamo nella zona frutta, dove fruttadiverse signore ci invitano a provare ananas, papaia, mango, e un frutto di cui non ricordo il nome, verde fuori, bianco dentro, dolce e buonissimo. Decidiamo di continuare, passando per la zona patate e poi per la zona banane. Ci ritroviamo di fronte ad una scala circondata da donne che vendono foglie di coca, saliamo e arriviamo in zona spezie e frutta secca. Dopo aver provato un po’ di noci strane e buone attraversiamo un corridoi di fiori e ci troviamo di fronte ad una cappella, dove decidiamo di entrare. In fondo un crocifisso con capelli veri e un vestito dorato… Usciamo e ci troviamo nella zona pranzo, dove, nonostante l’orario, veniamo assaliti da donne che ci invitano a mangiare caldo de manì, ppacherò asado, picante de pollo

Dopo la zona pranzo finalmente troviamo quella colazioni, dove si mercsucserve api, bevanda violacea di mais, accompagnato da frittelle (bañuelos) o pastel de queso. Ci fermiamo e osserviamo la vita intorno a noi. È tutto un brulicare di gente che vende, compra, mangia, discute. Siamo al piano di sopra, sotto di noi polli, adiacenti a dolci di gelatina con panna, poco più in là torte nuziali, a pochi metri da dove siamo seduti si servono patate ripiene a 5 bolivianos.

Mangiamo e torniamo in ostello inebriati. Qualche ora dopo 10556337_258236931051829_4301926405487498574_ndecidiamo di sperimentare il pranzo e dopo ci regaliamo un frullato. Mentre lo gustiamo, in una piazza interna, Marco e Tomas iniziano a giocolare con devilstick e palline. Nel giro di pochi secondi ci troviamo circondati da una folla di bambini che osservano, corrono, chiedono di provare, giocano tra di loro.

In molti sono piccolissimi, quasi tutti lavorano al mercato. Lustrascarpe, venditori, aiutanti. È davvero emozionante vederli giocare, ridere e riprendersi indietro un po’ d’infanzia.

Ad un certo punto m’improvviso produttrice di braccialetti per le10406764_258238924384963_9077035832744097978_n bambine, Daniela, Alison, Eli e molte altre, che si litigano il turno. Dopo un’oretta decidiamo di andarcene, ma Marco e Tomas promettono di tornare il giorno dopo a insegnare ai bambini a costruirsi le palline con palloncini e riso e a fare un po’ di giocoleria. Io non partecipo perché nel frattempo sono ad imparare a tessere al telaio dalla signora Josefina.

Marco: Il giorno dopo io e Tomas ci svegliamo di buon ora, l’idea è comprare riso e palloncini per fare palline da giocoleria. Arriviamo attorno alle 10 nella piazza centrale del mercato, e i bambini sono li, circa una ventina, che ci aspettano. Iniziamo a giocolare un poco e la piazza si riempe, non solo arrivano altri bambini ma anche mamme e anziani che guardano lo spettacolo, ridono e fanno domande di cui molte sui tatuaggi e i dread di Tomas.

Dopo mezz’ora iniziamo a costruire e regalare le palline e continuiamo per circa un’ora interrompendoci solo quando finiamo il riso, dopodiché facciamo un piccolo corso di giocoleria, a giocare e a parlare con i bambini della piazza.

sucre malabS’instaura subito un bel rapporto con i bambini che ci raccontano le loro storie, ci insegnano qualche parola di quechua e ci chiedono delle nostre, scopriamo che molti di loro sono analfabeti e lo resteranno in quanto la loro famiglia non può permettersi di mandarli a scuola o hanno bisogno del loro lavoro per mantenersi, molti non hanno un padre o se ce l’hanno non sanno chi sia, pero’ tutti  o quasi hanno una madre che lavora al mercato. Infatti, intorno a noi ci sono solo venditrici, in gran parte dai tratti indigeni, che girano sempre con un grosso telo sulle spalle usato come zaino nel quale tengono di tutto, patate, coca, neonati, mercanzie varie.

Verso mezzogiorno la piazza inizia a svuotarsi perché molti dei bambini sono richiamati dalle mamme al lavoro, talvolta anche brutalmente. Alice  una delle bambine più sveglie che abbiamo incontrato nella nostra vita ci spiegherà che molti di questi bambini non sanno cosa sia l’infanzia. Dopo mezz’ora arrivano altri bambini, molti di loro li conosciamo dal giorno prima, molti hanno le mani sporche di lucido da scarpe, altri sono così piccoli che stanno appena in piedi e vengono accompagnati dalle sorelle maggiori (mai dai fratelli) ci salutiamo e ricominciamo a giocare e a giocolare, questa 10514522_258236971051825_1299170938277290510_nvolta siamo aiutati da Alice e da un altro bambino che ci difendono dalle richieste e dagli assalti dei bambini quando uno di noi si vuole riposare un poco o fumarsi una sigaretta, ci aiutano a sistemare le cose quando c’è un litigio, ci aiutano a cercare le palline da giocoleria di Tomas, anche se senza successo. (Tomas tornetà a casa con tre palline in meno e uno squarcio nell’unica canottiera, ma lo stesso soddisfatto dall’esperienza).

Questo aiuto inaspettato ci permette di conservare le forze fino alle 4 e mezza quando stremati ci accoccoliamo sul cemento e ci concediamo una siesta di mezz’ora insieme ai bambini che utilizzano il nostro corpo come cuscino e materasso.

Dopo la siesta una delle madri dei bambini ci offre un frullato di latte frullabanana e un frutto sconosciuto, dopodiché riprendiamo ancora per un’oretta fino a che non esauriamo completamente le energie e decidiamo di congedarci. Salutati calorosamente da bambini, venditori, venditrici e anziani decidiamo di tornare in ostello dove ci concediamo una cena a base di panini, dopodiché distrutti andiamo a dormire, fino alle 11 del giorno dopo quando torniamo al mercato per un ultimo saluto che durerà circa 4 ore.

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